musica: vasco la storia del komandante album per album
Musica,  Spettacolo

Vasco: la storia del komandante album per album

Le dame, i cavalier, l’arme, gli amori: tutti gli album di album di Vasco, dall’esordio di quasi 40 anni fa all’ultimo ‘Sono innocente’, recensiti da Mam-e in attesa del mega concerto del Modena Park

Vasco: la storia del rock

Vasco Rossi, 18 album in studio, dal puro rock dell’esordio agli ultimi amari ed ironici strali di un artista, forse, arrivato alla fine della partita. Vasco ha cambiato il volto della musica e dello spettacolo italiano, finendo con l’identificare (e l’identificarsi) con il ruolo del ribelle senza causa all’italiana, dello Springsteen venuto su a tigelle e gnocchi fritti. Ecco le recensioni di tutti i suoi album, testimonianza di 40 anni di inni da stadio sentimentali e aggressivi, rabbiosi e nostalgici.

…Ma cosa vuoi che sia una canzone… – 1978 – voto 3/5

Vasco. Nato nel 1952 a Zocca (Modena), dopo studi variegati fonda e trascina Punto Radio, emittente locale di buon successo, coinvolgendo Gaetano Curreri, futuro leader degli Stadio. L’album di debutto contiene tracce di un romanticismo molto naif (La nostra relazione, Tu che dormivi piano, Silvia) ma anche impennate cariche di malessere (Ed il tempo crea eroi, Jenny è pazza, Ambarabacicccoccò). Disco molto melodico che appartiene non poco a Curreri, che ne è arrangiatore.

Non siamo mica gli americani – 1979 – voto 5/5

Nonostante l’insuccesso Vasco ci riprova, aumentando la dose di rock grazie anche al chitarrista Maurizio Solieri. Cominciano a prendere forma il suo stile e il suo personaggio di rocker anarchico, spesso geniale, ma nel contempo tipicamente provinciale. Impressionante la versatilità: l’ironia del talkin’ blues Faccio il militare, il quasi-punk Fegato, fegato spappolato, la disco di La strega, l’american rock di Quindici anni fa, il dixieland di Va bè (se proprio te lo devo dire) e la madre di tutte le ballate rock italiane, Albachiara, passata inosservata all’epoca.

Colpa d’Alfredo – 1980 – voto 3/5

Album inferiore al precedente, più rabbioso e allucinato, forse anche perché il successo non arriva. Eppure, Colpa d’Alfredo, tra bordate chitarristiche e un linguaggio diretto, da strada come mai si era sentito prima, comincia a creare interesse.

musica: vasco la storia del komandante album per album
Colpa d’Alfredo – terzo album di Vasco Rossi

Siamo solo noi – 1981 – voto 4/5

Finalmente arriva alle radio grazie a Voglio andare al mare, reggae carico di ironia. Ma accanto al Vasco “solare” c’è quello tardo-punk di Ieri ho sgozzato mio figlio (“…è stato uno sbaglio, credevo fosse un coniglio, giuro, credevo fosse un coniglio”), quello angosciato di Valium, e soprattutto quello della più clamorosa epigrafe sugli anni ’70 da parte di una “generazione di sconvolti che non ha più santi né eroi”: Siamo solo noi.

Vado al massimo – 1982 – voto 4/5

È al quinto disco, e ha già accumulato materiale bastante per commuovere i futuri fan. Qui ce n’è per tutti i gusti: il sentimento di Ogni volta e Canzone, lo sballo di Sono ancora in coma e Cosa ti fai, gli opposti esistenzialismi di La noia e Splendida giornata. A farlo notare però è Sanremo, dove porta lo sgangherato reggae di Vado al massimo, primo dei suoi irresistibili slogan. Nel disco c’è ormai tutto il suo clan: a Solieri e Curreri si sono aggiunti il chitarrista Massimo Riva, il bassista Galina, il chitarrista Tullio Ferro.

musica: vasco la storia del komandante album per album massimo
Vado al massimo – quinto album del Blasco

Bollicine – 1983 – voto 4/5

Porta a Sanremo Vita spericolata, scritta con Tullio Ferro. Prima di finire, esce dal palco per entrare nella leggenda. La nazione si accorge di lui, e migliaia di giovani vengono trafitti da uno dei dieci brani fondamentali della musica italiana. Le radio cominciano a mandare Albachiara e Siamo solo noi. La Vascomania dilaga con l’uscita di questo album, che nella prima facciata contiene tutto Vasco: le ironie semidemenziali antipubblicitarie di Bollicine, la melodia disarmante di Una canzone per te (con Dodi Battaglia dei Pooh alla chitarra), la provocazione funky di Portatemi Dio, e naturalmente quell’invocazione: “Voglio una vita che se ne frega di tutto, sì…”

Cosa succede in città – 1985 – voto 4/5

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Vasco non cambia mai: la sua è una perenne ubriacatura di donne, droghe e ideali che contene riflessione rabbiosa sui sofferti addii a questi paradisi. Con ‘Cosa succede in città’, reduce dal successo di ‘Bolllicine’, omaggia maestri del rock con ‘Una nuova canzone per lei’ e si fa amaro pedagogo a sua volta, apparendo cresciuto, motivato al cambiamento: la vita spericolata è forse finita. In fondo al tunnel c’è la dolcezza di ‘Toffee’, brano recitato che si gusta come un dolce alla fine di un lauto pasto.

C’è chi dice no – 1987 – voto 4/5

Conferma le nuove coordinate stilistiche: musicalmente è sempre piacevole, ma anche prevedibile. D’ora in poi la differenza la faranno i testi, che si possono dividere tra la piccola poesia di routine (Ciao, Vivere una favola, Ridere di te), i divertissement (Lunedì, Blasco) e gli editoriali da guru degli irregolari, come la ruvida C’è chi dice no.

Liberi Liberi – 1989 – voto 5/5

L’archetipo dell’album del Vasco maturo: sapendo che i suoi dischi vengono consumati ripetutamente dall’esercito dei fan, cerca di intrattenere (Domenica lunatica, Stasera, Vivere senza te, Muoviti), concedendosi ogni tanto un aumento di intensità come nella toccante Liberi liberi, scritta con Tullio Ferro (come Vita spericolata), nuovo amaro autoesame generazionale.

musica: la storia del komandante album per album liberi
Liberi Liberi

Gli spari sopra – 1993 – voto 3/5

Incoronato definitivamente prima rockstar italiana da un tour negli stadi (suo habitat naturale), dopo 5 anni torna con un disco lungo, diseguale. Fiuta l’aria frizzante dei primi ’90, e pesca nuove idee un po’ ovunque. Clona i Guns ‘n’Roses in Vivere, commenta Tangentopoli traducendo gli Emotional Fish (Gli spari sopra), ironizza sulle aspirazioni televisive delle adolescenti nella dance di Delusa, prende atto dei 40 anni suonati in diversi brani (Gabri, Stupendo, L’uomo che hai di fronte). Un disco a tratti furbetto, a tratti confuso. Ma quando mette a fuoco, è unico (“Vivere, è come un comandamento”).

Nessun pericolo…per te – 1996 – voto 2/5

Una band di lusso (Vinnie Colaiuta, Randy Jackson, Andrea Braido, Mike Landau) per un disco deludente, nonostante la presenza di capisaldi del suo repertorio come Gli angeli o l’autobiografica Sally. Il titolo dell’album sintetizza il Vasco spuntato di questo periodo.

Canzoni per me – 1998 – voto 2/5

Difficile accusarlo di essersi “commercializzato”, visto che vende a vagoni dal 1983. Ma pare studiare i dischi a tavolino, accattivandosi il pubblico con una ballata sapientemente rancorosa (Io no), un nuovo episodio dance per distinguersi nella programmazione radiofonica estiva (Rewind) e pochissimo genio. Massimo risultato col minimo sforzo, oppure il meglio l’ha già dato?

Stupido Hotel – 2001 – voto 2/5

Come rocker ha chiuso: niente più trasgressioni, né attenzione per le inquietudini che lo circondano. Animale da palcoscenico senza rivali in tour, su disco è un cantautore intimista – a parte l’ormai consueto brano iper-pompato per il Festivalbar (Ti prendo e ti porto via). Pare affaticato, o forse il colpo finale alla sua audacia è stato la scomparsa dell’amico Massimo Riva, morto di overdose.

musica: la storia del komandante album per album hotel
Stupido hotel

Buoni cattivi – 2004 – voto 1/5

Prevedibile come un semaforo, e altrettanto divertente. Gli sponsor e i mega-concerti gli consentono di nuotare nei dollari come Paperon de’ Paperoni, ma è brutto vederlo balbettare canzoncine all’ombra del suo monumento. È vero anche che il monumento se l’è meritato: che qualcuno provi a imitarlo, se riesce.

Il mondo che vorrei – 2008 – voto 2/5

Dopo quattro anni, ecco un nuovo disco di inediti. Vasco è imbolsito ma, come da copione, ancora battagliero: non ancora pronto a confessare in pieno le sue debolezze come accadrà nei dischi successivi. Un disco ricco di buoni spunti melodici in cui sembra di orecchiare qualcosa dei vecchi brani dei colleghi rocker d’oltreoceano come Aerosmith e Guns n’Roses, per il resto la proposta è bolsa.  Vasco ama ‘provocare’, ma in realtà è stato unicamente (ed è ancora) un buon cantante, dal carisma sensazional, e sopratutto un ottimo animatore per campi estivi, quei luoghi in cui i suoi fan, perduti nella nostalgia di tempi andati, lo ascoltano come fedeli alla messa del rock.

Vivere o niente – 2011 – voto 3/5

Il Blasco ‘post depressione’. Un disco migliore dei precedenti, introdotto da ‘Eh…già’, brano introduttivo insolitamente auto-ironico, dal basso profilo rispetto ai soliti ringhi rock del rocker di Zocca. Gli episodi migliori, oltre al brano citato, sono il secondo singolo dal titolo un po’ pretenzioso ‘Manifesto futurista della nuova umanità’ (adatto a chi si fa introdurre in scena dalle note dell’Also Sprach Zarathustra ), invettiva contro il post-uomo diventato protesi della tecnologia e l’ottimista ‘Prendi la strada’, in cui Vasco sembra memore della saggia lezione gaberiana ‘C’è solo la strada che ci può salvare/La strada è l’unica salvezza’.

musica: la storia del komandante album per album vivere
Vivere o niente

Sono innocente – 2014 – voto 3/5

Un titolo che sembra quasi un excusatio non petita  per uno dei dischi più eclettici di Vasco, in cui ogni pezzo sembra nascere da situazioni e spunti diversi e funge da setaccio della sua carriera giunta quasi ai quarant’anni di attività. Contiene la poesia del figlio ‘L’ape regina’, l’auto-assolutorio e smorzato in canna ‘Sono innocente ma…’, lo ‘scarto’ dell’album precedente Duro incontro’  e, in generale – aldilà delle canoniche ballate – un ritorno a sonorità puramente hard rock. C’è ancora vita, sul pianeta Vasco.

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIÙ!