Il disastro del Vajont: 60 anni fa la tragedia che colpiva al cuore l’Italia
Disastro della diga del Vajont
Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963 quando, nel bacino idrico del Vajont, una frana precipitò al suo interno. Dall’impatto si generarono due onde anomale che distrussero i comuni di Erto, Casso e Longarone. Le vittime della tragedia furono circa 2000. Oggi, In vista della ricorrenza del tragico Disastro del Vajont, MAM-e vi racconta la storia.
La diga
La diga del Vajont fu progettata dall’ingegnere Carlo Semenza e costruita tra il 1957 e il 1960 nel comune di Erto e Casso. L’argine artificiale, situato tra il monte Toc ed il monte Salta, aveva lo scopo di bloccare le acque del torrente Vajont – affluente del Piave – per creare un bacino idroelettrico.
Il progetto fu fortemente voluto da dalla SADE, azienda elettrica privata di proprietà del conte Giuseppe Volpi di Misurata, già presidente della confederazione degli industriali e ministro delle finanze sotto il fascismo. Il progetto venne approvato nel 1943, in piena guerra, ma i lavori iniziarono durante il periodo del miracolo economico. Le città del nord, infatti, in piena espansione, necessitavano di quantitativi di energia nettamente superiori rispetto a quelli di cui disponevano.
I primi dissensi nacquero però già agli albori del progetto. Infatti, i cittadini di Erto e Casso avrebbero perso alcuni terreni che la nuova costruzione avrebbe inevitabilmente richiesto. A queste preoccupazioni, si aggiunse una frana, a pochi chilometri di distanza, che causò la morte dell’operatore di sorveglianza della diga di Pontesei prima del disastro del Vajont.
Nonostante le preoccupazioni gli ingegneri coinvolti nel progetto, non reputarono la zona di edificazione come una zona a rischio frane.
Il disastro del Vajont
La sera del 9 ottobre 1963 un enorme blocco di terra cadde dal monte Toc, causando una frana che finì nel bacino artificiale. La massa di terra precipitata nel lago è maggiore rispetto alla superficie del lago stessa e ciò creò due onde in direzioni opposte. La prima, si infranse contro le città di Erto e Casso. La seconda, la peggiore, superò il livello della diga per 250m e si infranse sul comune di Longarone. Per ironia della sorte, mentre tutte le abitazioni del paese vennero distrutte, la diga rimase in piedi. Le vittime stimate furono 1917, ma solo 1500 corpi vennero recuperati.
Immediatamente si misero in moto tutti gli enti per aiutare le vittime del disastro del Vajont. Sul luogo accorsero l’Esercito Italiano, gli Alpini, i Vigili del Fuoco. Da tutte le parti del mondo arrivarono messaggi di solidarietà dai leader: John F. Kennedy, la regina Elisabetta II, il presidente della Repubblica Francese.
La Cassandra del Vajont: Previsioni Ignorate
La storia del disastro del Vajont era stata in qualche modo prevista da una giornalista coraggiosa, Tina Merlin, soprannominata sarcasticamente “la Cassandra del Vajont”. Nel 1960, tre anni prima della tragedia, aveva scritto di una frana nel lago artificiale di Erto e dei segnali preoccupanti che questa aveva mostrato. Tuttavia, le sue previsioni furono ignorate.
Le cause
La colpa del disastro venne attribuita ai progettisti e dirigenti della SADE. Essi infatti sapevano che la zona da edificare era ad alto rischio di frana. Inoltre, la sera dell’accaduto, il livello di acqua all’interno del bacino artificiale era ben oltre il limite raccomandato e consentito dagli ingegneri.
Le Reazioni e le Inchieste
Dopo la tragedia, i giornalisti italiani si precipitarono sul luogo del disastro per documentare l’orrendo scenario. Le loro testimonianze sono state parte integrante della storia giornalistica italiana. Giampaolo Pansa, inviato de La Stampa, descrisse la situazione con queste parole:
“Scrivo da un paese che non esiste più: spazzato via da una gigantesca valanga d’acqua, massi e terra precipitati dalla diga.”
Alberto Cavallari, sul Corriere della Sera, raccontò delle vittime e dell’orrore, mentre Egisto Corradi descrisse la desolazione e la sensazione di impotenza che avvolgeva la valle.
Subito dopo il disastro, scoppiò il dibattito sulle cause. Alcuni attribuirono la tragedia alla fatalità naturale, mentre altri sottolinearono la prevedibilità del cedimento. Gli esperti francesi e svizzeri che furono coinvolti nell’inchiesta conclusero che la frana poteva essere prevista ed evitata.
La Lunga Via Legale e il Risarcimento
La lunga battaglia legale legata al disastro del Vajont si concluse solo nel 2000, quando lo Stato italiano, insieme a Enel e Montedison, pagò 77 miliardi di lire per i danni morali e materiali subiti dalle popolazioni colpite. Ma l’indagine fu difficoltosa sin dall’inizio, con imputati che fuggirono e periti stranieri che confermarono la prevedibilità del cedimento.
Il disastro del Vajont rimane una ferita aperta nella storia italiana, una tragedia che poteva essere evitata. Ci ricorda l’importanza di ascoltare gli avvertimenti, anche quando sembrano provenire da “Cassandra”. È un monito a non sottovalutare la sicurezza delle infrastrutture e a considerare attentamente le conseguenze delle decisioni prese nel settore idroelettrico. La memoria di quelle 1.917 vite perdute deve continuare a ispirarci a fare meglio per il futuro.
Conclusioni: Una Tragedia Annunciata
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