Mame moda: Chloé si ribella
Moda

CHLOÉ SI RIBELLA

Ci sono volute alcune ore per capire questa collezione autunno/inverno che Chloé ha presentato alla PFW.

Natasha Ramsey-Levi, direttrice creativa di Chloé afferma:“L’allure come una custodia della vita interiore…Il vestito come prima partecipazione della persona al mondo esterno. L’abito dà vita a un mondo a parte che mette in comunicazione reale e immaginario”.

Mentre, in passerella, il racconto di una società borghese in continua evoluzione. Tutto riecheggia d’anni Settanta. Tailleur pantaloni, reggiseni a vista sotto abiti chemisier con oblò sui fianchi e con pizzo inserito nella parte bassa che termina a punte come fossero dei foulard cuciti sono gli elementi chiave di questa collezione Chloé. Ancora, gonne ampie con borchie, scarpe dai tacchi metallici, maglie in lurex.

Ne risulta una collezione di eleganza contemporanea alla “francese”. Ottimo il disegno di Natacha Ramsay-Levi, ormai già al suo secondo show per il brand. Un po’ ripetitiva, bisogna ammetterlo: il gioco camicia-abito ha sfilato almeno una decina di volte. Tagliata con inserti di pizzo, aperta da spacchi, con volant. In seta leggera, in lana. Chloé propone anche shirt-dress con scollature profonde, larghe sotto la vita, con stampe Art Decò. Poi, jodhpur (calzoni alla cavallerizza) con pelo di capra, cappotti in pelle di cavallino, gilet hippie. Ai piedi delle modelle, stivali di pelle e lucertola con tacchi metallici; come accessori lunghe catene d’oro, amuleti, polsini e grossi anelli.

La palette di colori è stata costruita intorno ai toni caldi dell’autunno: caramello, bordoeaux, rosso mattone, bianco e beige sono le nuances scelte da Chloé.

Perché questo difficile tema?

A Parigi, a maggio, avranno luogo le celebrazioni del Mai 1968, considerato l’inizio del rinnovamento della società. Anno di conquiste concrete, anno di diritti: la moda certo non poteva fare spallucce. Chloé si è buttata a capofitto nel ricordare la rivoluzione dell’abbigliamento, ma di sicuro non è stata l’unica maison a rielaborare questi anni Settanta.

“Questa collezione parla della borghesia, una classe che si sposta sempre dai propri confini: a volte diventano rivoluzionari e altre volte sono molto limitati. E io volevo giocare su questo. Così ho chiamato l’intera collezione Play of Selves” confessa la stilista.

In questo clima Sessantottino, la bellezza dell’attrice Stéphane Audran è stata presa come ispirazione. La Audran, infatti, rappresenta, in tutta la sua carica seduttiva, una perfetta immagine del rigore della borghesia francese.

Chloé è, finalmente, diversa

Praticamente il caso di Chloé (leggi tutto sul brand sul Dizionario della Moda) è un unicum in queste Fashion Week: da New York a Londra, da Milano a Parigi, tutti, e veramente si intende tutti, guidati da questo street-look imperante, hanno ceduto alla logo-mania. Ma Chloé si è salvata, almeno in parte, donandoci  una ventata d’aria fresca tra lettering e macro loghi. Solo sulle calze, bisogna dirlo, si leggeva il nome Chloé.

Le nuove donne Chloé, tra cui Kaia Gerber e Jean Campbell, sfilano sicure. Donne che, confidenti, sanno come e cosa vogliono essere. La scorsa stagione, debutto di Ramsay-Levi, la collezione è stata diversa da quella di oggi. Fu un vero e proprio tributo alla fondatrice della maison, Gaby Aghion. Oggi, con la collezione 2018/19, Ramsay-Levi è riuscita ad imprimere la sua identità nella storia del marchio.

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