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Musica

Colapesce, una meravigliosa intervista

Intervista al cantautore siciliano Colapesce alla vigilia di Un meraviglioso declino

Intervista al cantautore siciliano Colapesce: Lorenzo Urciullo ci racconta genesi, sviluppo e prospettive del suo progetto

All’uscita di Un Meraviglioso Declino, primo album di Colapesce, ero stato uno dei primi a recensire con entusiasmo l’album: non lo dico certo per vantarmi, ma mi premeva mettere in luce, la stima che provo per questo artista, da cui è scaturita questa intervista e le sue domande. Fiumi di parole per presentare Lorenzo Urciullo le ho spese già nella recensione nel disco, meglio lasciarvi quindi alle sue, certamente più interessanti, esternazioni.

Di seguito l’intervista completa a Colapesce.

Colapesce: un cantautore, un’intervista

Sono passati pochi mesi dall’inizio del Meraviglioso declino e ormai il nome Colapesce ha varcato i confini del pubblico da piccolo pub. Iniziamo con una domanda banale, cos’è cambiato in questi mesi?

Guarda il mio approccio nel fare musica non è assolutamente cambiato, sicuramente è aumentata la visibilità del progetto rispetto all’uscita del disco, però di fatto sono solo più motivato rispetto a prima nel credere in Colapesce e nel continuare a fare bene il mio lavoro. Alla fine non mi è cambiata granché la vita, non ho comprato ne casa e ne altro, continuo a suonare con passione come faccio da 10 anni, adesso forse con un pizzico di visibilità in più.

La sensazione preponderante che emerge durante l’ascolto del tuo disco è la malinconia: scelta voluta, conseguenza naturale o magari per te le sensazioni dominanti sono altre?

In realtà è un disco apparentemente malinconico, anche il titolo “Un Meraviglioso Declino” è un ossimoro, c’è questa doppia faccia,  si può dire che da un lato c’è la rassegnazione di questi due giovani precari, che poi sono un po’ tutto il filo conduttore del disco, i quali però non smettono mai di sperare e credere in un miglioramento. Forse è un po’ malinconico perché sussiste un attitudine introspettiva, sia nella scrittura, che come mio atteggiamento in generale, e poi probabilmente è anche influenzato dalle cose che leggo, Bufalino in primis, è stato l’autore che ho letto di più durante la stesura del disco, anche in lui c’è questo binomio di momenti di gioia estrema però velati con una sorta di malinconia di fondo.

Ho trovato i tuoi testi come un fin troppo facile specchio per le storie della gente, ma quanta storia tua personale c’è dietro ad ogni verso?

Io penso che sia inevitabile metterci dell’autobiografico, nel disco c’è molto Lorenzo, filtrato sicuramente dalle esperienze sia letterarie, di vita e cinematografiche : ci sono riferimenti nel disco, seppur velati, a registi, scrittori ecc.., che in fondo mi rappresentano, riferimenti che però vengono sempre filtrati in questo nucleo della coppia di ragazzi precari, che in parte non ti nego sia appunto autobiografico.

Entrando nello specifico, da cosa si rifugiano in “Restiamo in casa” i protagonisti del brano, chi è che arriverà presto a prendersi anche il silenzio?

Li è quasi un presagio, allude ad un sorta di atterraggio alieno benefico, vengono gli alieni, non per distruggere la terra, ma per salvarla dal torpore in cui tergiversa negli ultimi 50 anni, anzi dal 900 in poi, allarghiamoci, mettiamoci in mezzo anche le guerre mondiali (ride). Il nuovo live del tour estivo, inizia con un messaggio della NASA che annuncia che non bisogna avere paura degli alieni, ci gioco un po’ su questa cosa.

Se dovessi descrivere il disco in un’unica parola?

L’inizio, il mio inizio, questo è il mio primo disco sentito, in cui ho messo l’anima per realizzarlo, e non ti nego con moltissime difficoltà, sia economiche che emotive, ho speso davvero tantissimo, quindi si, il mio inizio, la mia prima opera.

Riascoltando l’album oggi a mente fredda, dopo un po’ di mesi dalla sua uscita, c’è qualcosa che cambieresti se potessi tornare indietro?

No, sono molto soddisfatto, anche perché prima di registrare il disco, ho fatto una lunga pre-produzione, durata circa 6 mesi. Ogni cosa che è nel meraviglioso declino non è li per caso, è tutto molto studiato e mediato, che è anche il difetto del disco forse, non si allinea benissimo alle esigenze sia discografiche che di fruizione odierne, le quali cercano sempre più la velocità e l’immediatezza dei prodotti, ecco forse è un disco poco immediato, questo è magari un difetto per quanto riguarda la divulgazione, però sono felice di aver fatto questa scelta.

”Nove cover” era un gradito regalo per chi pre-ordinava il “meraviglioso declino”, un idea curiosa quanto molto apprezzata, come ti è venuta in mente e volendo essere anche un po’ contabili, quanto marketing c’è dietro?

È l’unione delle due cose, io sono affascinato dalle cover da sempre e credo sia un strumento anche pedagogizzante per certi versi, danno la possibilità di conoscere brani che magari uno non ha mai ascoltato. L’idea di “Nove Cover” era una sorta di scommessa, affiancare Venditti ai My bloody Valentine per esempio, il che è impensabile : muri di chitarre da una parte e dall’altra il cantautore nazional polpolare, e anche un po’ ignorante dell’Italia degli anni 60/70, che poi ho preso “Maria Maddalena” che è l’unico pezzo che mi piace di Venditti; dall’altro ci sembrava anche un ottima scelta di marketing. Sono contento perché ha avuto un ottimo risconto e ad ottobre dovrebbe uscire una raccolta con :  “Nove Cover + l’ep che è andato esaurito + un inedito, per chi volesse le cover anche in formato fisico.

La 42Records, etichetta che ha prodotto il “declino”, si sta affermando come una delle etichette indie di maggior rilievo nazionale, da cosa nasce questo sodalizio e com’è possibile per te un simile miracolo discografico in un periodo dove vendere qualcosa è utopia?

Il sodalizio nasce prima dell’etichetta, Emiliano Colasanti lo conosco da moltissimo tempo, ancora non aveva l’etichetta ma eravamo già in ottimi rapporti. Appena è nata l’etichetta ci è sembrato naturale iniziare questo discorso, io avevo dei brani, lui un etichetta, e quindi diciamo mi sento un po’ di casa, non la vivo come : “Ci ha scoperto il discografico”. Per i primi anni la 42Records è stata in sordina, poi grazie ai Cani e magari anche a Colapesce si è iniziato a parlare di miracolo discografico, stiamo costruendo dal basso qualcosa, anche con pochissimi mezzi, di certo non avevano milioni da investire su Colapesce.

Proprio in questo periodo uscirà una riedizione di “Satellite” insieme a Meg, da cosa è nato questo duetto?

A Meg era piaciuto molto il disco, ci siamo conosciuti a Roma, da lì è nata una splendida amicizia che ci ha portato naturalmente a questa collaborazione. Una delle cose che mi piace di questo progetto è che qualsiasi cosa che sta succedendo intorno allo stesso, nasce dalla base di una amicizia.

Quanto e come influisce la Sicilia, tuo luogo di origine, sul lavoro che compi,sia musicalmente, che logisticamente?

La Sicilia sicuramente influisce tantissimo, c’è questo rapporto di odio ed amore con la mia terra. Nel disco per la scrittura, c’è molta Sicilia sia in positivo che in negativo, per l’aspetto logistico sicuramente è una grande piaga per noi, ieri abbiamo fatto una data a Manduria e ci siamo fatti 9 ore di furgone, in questo senso è sfiancante, infatti per il prossimo disco stavo pensando di trasferirmi quantomeno nel periodo del tour, perché quest’anno davvero abbiamo rischiato la vita in furgone, senza calcolare la stanchezza, la deconcentrazione e gli altissimi costi fissi che sosteniamo, 1500/1700 euro di spese a settimana in tour, che è tantissimo per noi.

Ho letto in un intervista che la domanda che non ti è mai stata posta è se vuoi fare il cantautore o meno nella vita?Rimediamo.

Penso che mi piacerebbe fare il cantautore per almeno altri 10/15 anni, fin quando non sarò troppo vecchio e stanco per girare, poi magari continuerò a farlo però in maniera più pacata, da casa, cantautore casalingo (ride), farò i concerti dal salotto.

è inevitabile, almeno per me, quando penso al cantautore moderno, non fare riferimenti ai vari Brunori, Dente ecc, cosa ne pensi di questi artisti e cosa ne pensi della suddetta scena in generale?

Non vedo una scena così coesa, devo essere sincero, magari perché vivo in Sicilia e quindi sono più distaccato dal centro nevralgico che può essere Milano, piuttosto che Roma. Comunque è un ottima cosa perché c’è stata una ripresa della lingua italiana, la quale è una splendida lingua, tralasciata troppo nell’ultimo ventennio, però non siamo ancora ad un livello tale da poter parlare di nuova scena cantautorale come quella che c’era negli anni 60 : allora avevano davvero delle cose da dire, scrivendo brani clamorosi. Oggi noto ancora una goliardia attorno. Io ho una divisione, da una parte ci sono le canzoni da spiaggia dall’altra gli urlatori, secondo me c’è tanto da scoprire in mezzo e fare tanta analisi e ricerca, sia dal punto di vista sonoro che linguistico.

Consigliaci un disco da ascoltare assolutamente e poi ci salutiamo.

Other Lives – Tamer Animals.

 

L’intervista a Colapesce è del 28 giugno 2012

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