Arte

Francis Picabia in mostra al Moma di New York

200 opere per festeggiare la prima grande retrospettiva di Francis Picabia

Francis Picabia: Our Heads are Round so Our Thoughts Can Change Direction. Questo il titolo, da un suo celebre aforisma, che inaugura al MoMA di New York, la prima grande retrospettiva, dagli anni Settanta, del poliedrico artista francese. 200 opere in tutto per ripercorrere il cammino artistico dalle molteplici sfaccettature di un grande che ha saputo attraversare, ogni volta rinnovandosi, le principali correnti del secolo scorso, dall’Impressionismo al Dadaismo – in mostra si possono trovare i celebri quadri “meccanomorfi” – per giungere al realismo fotografico e fare di nuovo marcia indietro, nella rielaborazione e dissoluzione della forma.

Concepita in collaborazione con il Kunsthaus Zürich, che fino allo scorso 25 settembre ha ospitato un’altra importante rassegna su Picabia, in occasione del centenario della nascita del Dadaismo e del Cabaret Voltaire, la mostra (inaugurata il 21 novembre) attraversa un quanto mai vasto lasso di tempo che parte dal primo decennio del secolo scorso, per giungere agli anni Cinquanta.

L’esposizione è un’occasione per scoprire maggiormente uno dei principali protagonisti dell’arte del Novecento, non solo in quanto artista, ma come un personaggio curioso e istrionico, che ha saputo attraversare i più svariati campi artistici, dalla pittura al teatro – nel 1924 Picabia realizza il balletto «Relâch, in collaborazione con i ballerini del Balletto Svedese e le musiche di Erik Satie – dalla performance alla poesia fino al cinema – l’eccentrico «Entr’ace» scritto da Picabia e curato da René Clair.

Accanto ai 125 dipinti troviamo 45 opere cartacee, un film e un’accurata selezione di prodotti editoriali – saggi, testi illustrati, riviste d’avanguardia, aforismi – per offrire uno sguardo a 360° sull’attività di questo irriverente e provocatore giocoliere dell’arte – non mancano i suoi nudi erotici degli anni Trenta e Quaranta tratti da riviste e foto porno – che, insofferente a qualsiasi tipo di classificazione, genere o stile, ha saputo ridefinire la figura stessa di artista.

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