Giulio Regeni, chiusura inchiesta: verso il processo
Chiusura dell’inchiesta su Giulio Regeni: verso il processo quattro 007 egiziani
Dopo due anni di indagini, la chiusura dell’inchiesta su Giulio Regeni da parte della procura di Roma. Il ricercatore italiano fu catturato e torturato fino alla morte dalla National Security egiziana. Gli indagati dovranno rispondere di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni personali e omicidio
Gli ultimi giorni di Giulio Regeni
Dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016, nove interminabili giorni ricostruiti dal lavoro della magistratura. Ciò che emerge è la violenza perpetrata per “motivi abietti e futili e con crudeltà” che ha provocato alla vittima “acute sofferenze fisiche, numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico-dorsale e degli arti inferiori nonché un’insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte provocate da oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni”.
La ricostruzione della procura di Roma alla chiusura dell’inchiesta su Giulio Regeni
Secondo il pm di Roma, Michele Prestipino, furono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif a catturare e torturare il ricercatore italiano. Gli indagati dovranno rispondere di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni personali aggravate e omicidio aggravato.
Abbiamo acquisito elementi di prova univoci e significativi. Questo è un risultato estremamente importante e non scontato, lo dovevamo a Giulio e all’essere magistrati di questa Repubblica”.
Sono state queste le parole del procuratore capo di Roma in audizione davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. Fondamentale, per la ricostruzione da parte della magistratura, è stato il contributo di alcuni testimoni oculari.
Ho lavorato per 15 anni nella
Ho lavorato per 15 anni nella sede della National Security dove Giulio è stato ucciso. È una villa che risale ai tempi di Nasser, poi sfruttata dagli organi investigativi. Al primo piano della struttura c’è la stanza 13 dove vengono portati gli stranieri sospettati di avere tramato contro la Sicurezza Nazionale. Il 28 o 29 gennaio ho visto Regeni in quella stanza con ufficiali e agenti.
C’erano catene di ferro con cui legavano le persone, lui era mezzo nudo e aveva sul torace segni di tortura e parlava in italiano. Delirava, era molto magro. Era sdraiato a terra con il viso riverso, ammanettato. Dietro la schiena aveva dei segni, anche se sono passati anni ricordo quella scena. L’ho riconosciuto alcuni giorni dopo dalle foto sui giornali e ho capito che era lui.
Questa la testimonianza di un ex dipendente della National Security egiziana.
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