autorità palestinese
Attualità,  News

Guerra in Israele, esiste ancora l’Autorità Palestinese?

L’Autorità Palestinese ed il suo silenzio assordante fanno scalpore, o forse non più. La nuova escalation tra Israele e Palestina mette in imbarazzo ancora una volta l’Autorità Palestinese di Abu Mazen. L’organo che in teoria è l’unico a godere della legittimazione politica soprattutto in campo internazionale sembra sparito dalle stanze dei bottoni, quelle in cui non solo l’ennesimo attacco contro Israele ma anche quelli precedenti si sarebbero potuti evitare con sapiente diplomazia. Che fine ha fatto questa istituzione dunque?

L’organizzazione dell’Autorità Palestinese non sta attraversando un buon momento: Abu Mazen (il cui nome all’anagrafe è Mahmoud Abbas), nel tentativo di recuperare autorevolezza, dopo mesi di Intifada e morti, ha rimosso 12 governatori su 15 la scorsa estate. Una politica che è però servita a poco, poiché a livello di trattative la situazione ora è completamente da rifare.

Autorità Palestinese non pervenuta: cosa è successo?

Nel mezzo di una nuova rescrudescenza del conflitto Israelo-Palestinese, l’Autorità Palestinese non muove un dito.  Tutto il mondo in questo momento dice la sua sulla guerra, tranne Abu Mazen. Dopo l’attacco di Hamas, ha semplicemente ribadito il diritto legittimo dei palestinesi a difendersi: poi più niente. E comunque, ormai nessuno fa più caso alla sua esistenza. L’Autorità Palestinese è come svanita.

Presentarsi ai cancelli della Muqata è inutile. Sfoderi tesserini stampa, accrediti, autorizzazioni, raccomandazioni, salvacondotti di ogni tipo, documenti tutti validi, tutti rilasciati dall’Autorità Palestinese, da funzionari di questi uffici, di questi ministeri, ma la risposta delle guardie è sempre la stessa. Si rigirano il foglio tra i pollici, e ti dicono: «Non valgono più niente. Andate via».

In parte, certo, è l’effetto del blocco della Cisgiordania: temendo che si apra un secondo fronte, Israele ha militarizzato tutto. E i funzionari, tra mille check-point e strade sbarrate, soldati nervosi, e soprattutto coloni ovunque coi mitra M16 a tracolla, stanno a casa. Come tutti. Tutta Ramallah è deserta: non solo la Muqata. Ma non è solo questo. I telefoni squillano a vuoto. Nessuno ha niente da dire. Qualcuno fa un’altra voce, e risponde: «Ha sbagliato numero».

Abu Mazen ha 88 anni, ormai. A tratti, non sembra tanto lucido. Ma nonostante il suo mandato sia scaduto nel 2009, continua a rinviare le elezioni con ogni pretesto possibile: perché nei sondaggi, Hamas è sempre avanti. Per molti, il presidente non rappresenta più niente e nessuno.

E da tempo. Perché è vero che la crisi dell’Autorità Palestinese è strutturale, deriva dagli stessi Accordi di Oslo da cui è stata istituita, con molte responsabilità e poco potere: ma non del tutto. Già dalle prime verifiche venne fuori che il 40% del bilancio era sparito in appropriazioni indebite. Era il 1997. Da allora, per attrarre investimenti sono stati concessi monopoli in molti settori, l’elettricità, il cemento, le telecomunicazioni, legando gli imprenditori alla politica a doppio filo – inclusi Yasser e Tariq Abbas, i due figli di Abu Mazen.

Da quando poi è stato sciolto il Consiglio Legislativo, nel 2018, nessuno monitora più niente. Si spende e basta. La Palestine Airways non ha aerei, perché qui non c’è un aeroporto, ma ha piloti e hostess: i cui stipendi vengono regolarmente adeguati all’inflazione. Ma come cambiare le cose? Oltre ai governatori, Mahmoud Abbas nomina i giudici.

All’ennesimo telefono che squilla a vuoto, sentiamo Hasan Ayoub, sociologo dell’università an-Najjah di Nablus: è tra i maggiori esperti dell’Autorità Palestinese. Ma non c’è nessuno? – chiediamo – un ministro, un portavoce, un portaborse. «E se anche rispondessero? L’unico che conta è Abu Mazen.

Governa per decreto, ormai. E decide da solo», dice. «Non è il presidente: è il Principe». Perché Abu Mazen ha l’aria placida: ma con la sua legge sul Cyber Crimine del 2018, in Cisgiordania si viene arrestati anche per un tweet. Il 24 giugno 2021, a Hebron, la polizia è entrata a casa di Nizar Banat, il più noto dei dissidenti, alle 3.30 di notte. Alle 6.45 è stato dichiarato morto per un attacco di cuore. L’autopsia ha rilevato 42 ferite da sprangate.

Abu Mazen non è solo il presidente dell’Autorità Palestinese. È anche il segretario di Fatah, il principale partito. E dell’Olp. Che suona come un residuo del secolo scorso, una sigla ormai minore, e invece non solo rappresenta anche i rifugiati sparsi in Medio Oriente, i palestinesi della diaspora: tecnicamente è stata l’Olp a firmare gli Accordi di Oslo. E cioè, è l’Olp a condurre i negoziati con Israele. Senza Abu Mazen, e senza regole chiare e condivise per la successione, viene giù tutto come un domino. Viene giù l’Autorità Palestinese. Viene giù Oslo. Viene giù il principio dei due Stati. Viene giù il riconoscimento di Israele.

Scartata l’ipotesi di elezioni, in queste ore alcuni provano a rileggere la Costituzione, in base a cui, in caso di dimissioni, al presidente subentra lo speaker del Consiglio Legislativo. Ma lo speaker è Aziz Dweik. Ed è di Hamas.

Finalmente ci richiama un dei tanti funzionari che avevamo cercato. Ma non ci dà un appuntamento. Domanda se è possibile avere un visto per l’Italia.

2 giugno 1946: il Referendum istituzionale e la nascita della Repubblica italiana

NEWSLETTER

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER!