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Hermès è stata citata in giudizio per “pratiche commerciali sleali”

Hermès è stata citata in giudizio da due clienti californiani che l’hanno accusata di “antitrust e pratiche commerciali sleali” legate alla vendita dell’iconica Birkin. Continua a leggere per saperne di più.

Hermès vende attraverso pratiche commerciali sleali?

La Birkin è senza dubbio una delle borse di lusso più desiderate al mondo, ma è davvero così difficile arrivare ad acquistarla?

Dopo essere state a lungo criticate, le pratiche commerciali legate alla vendita dell’iconica borsa di Hermès hanno portato la maison in giudizio. Ma che cos’è successo esattamente?

Sono stati due clienti californiani, Tina Cavalleri e Mark Glinoga a risollevare la questione della policy di vendita adottata dal brand francese per quanto riguarda le sue due borse più ambite, la Birkin e la Kelly. La maison, infatti, non ne permette l’acquisto semplicemente recandosi in uno dei punti vendita, ma il processo per guadagnarsene una è ben più complesso.

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Essere inseriti nella lunghissima lista d’attesa non è sufficiente: per riuscire ad avere tra le mani una Birkin è necessario rientrare tra i clienti che hanno sostenuto le attività dell’azienda acquistando altri prodotti firmati dalla casa di moda francese, proprio come ha affermato Tina Cavalleri. La donna, infatti, sostiene di aver dovuto spendere “decine di migliaia di dollari” in items secondari del brand prima di avere accesso alla fantomatica borsa.

La stessa situazione si è ripetuta per Mark Glinoga, come riportato da Pambianco:

“Il querelante Glinoga ha tentato più volte di acquistare una borsa Birkin, ma in ogni occasione gli è stato detto che avrebbe dovuto acquistare altri articoli e accessori”.

Insomma, è ormai risaputo che la policy di vendita del brand si basa su una selezione molto rigida dei clienti, ma sembra essere comprovato che le condizioni per poter acquistare una delle iconiche borse siano principalmente dettate dal numero degli altri articoli e accessori comprati, come ad esempio scarpe, gioielli e sciarpe.

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“In questa azione, i querelanti per conto proprio e di tutti gli altri in una situazione simile chiedono danni compensativi e punitivi e un adeguato provvedimento ingiuntivo”.

Inoltre, è proprio la vendita degli articoli secondari a fruttare un guadagno agli assistenti di vendita, che ricevono una commissione del 3% per ogni accessorio acquistato, motivo in più per il quale sono propensi a cercare di convincere i clienti a fare il maggior numero di acquisti possibile. Al contrario di quanto si può pensare, però, i dipendenti non ricevono commissioni dalla vendita delle borse più ricercate e iconiche.

La storia della Birkin

Con una lista di attesa di due anni, ed un prezzo che può arrivare ad oltrepassare i diecimila euro, la Birkin, prende il nome dalla cantante Jane Birkin per la quale Dumas, nel 1984, ha disegnato la borsa. La leggenda vuole che i due si trovassero seduti vicini sullo stesso viaggio in aereo e che Dumas abbia accolto le lamentele di Jane Birkin riguardo l’inesistenza di una borsa adatta alle sue esigenze di giovane madre.

Così nacque la Birkin Bag, una borsa capiente, di forma rettangolare, duttile e spaziosa, dotata di un profilo levigato e di cuciture a punto sellaio. Con, in più, uno spazio dedicato ai biberon. Anch’essa, come la totalmente personalizzabile, fatta a mano e disponibile solo dopo una lunga attesa.

La storia della Kelly

Negli anni ’30, Robert Dumas, genero di Émile Hermès, crea la borsa con cinghie per signora. Egli concepisce una forma a trapezio, due soffietti triangolari, una patta con taglio, un manico, due cinghie, e, grazie alla sua invenzione, proietta la maison nell’era dell’audacia e della modernità. La leggenda vuole che, alla fine degli anni ’50, Grace Kelly, star di Hollywood divenuta principessa di Monaco, sia fotografata con questa borsa che le permette di dissimulare i primi segni della gravidanza. Diventerà istantaneamente un capo iconico il cui eco arriverà fino ai giorni nostri. Le innovazioni degli anni ’50.

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Nel ’49 viene lanciata un’altra idea rivoluzionaria: l’abito in cotone stampato, che anticipava il concetto di “ready to wear” nella moda, una sorta di abito “ready made” realizzabile, su misura. Nel 1951, con la morte di Emile, la gestione dell’azienda passerà in mano ai generi Robert Dumas e Jean Guerrand. I tempi sono oramai maturi per moltiplicare gli affari dell’azienda che asseconderà il boom dell’economia degli anni Sessanta e il forte interesse dei media; nasceranno così i primi profumi e la fabbricazione di sciarpe in seta; saranno anche gli anni in cui verrà creato il logo del “Duc Attelé” e verrà scelto l’arancione come colore distintivo.

Conclusioni: Hermès è stata citata in giudizio per “pratiche commerciali sleali” legate alla vendita dell’iconica Birkin.

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