Archivio

La vita è una limousine

In Holy Motors, diretto da Leos Carax, Oscar (Denis Lavant), come l’Eric Packer di Cosmopolis, passa la maggior parte della giornata nella limousine. Bisogna dire che è singolare che nello stesso festival due registi abbiano utilizzato una limousine come location. Quella di Carax è attrezzata come un camerino teatrale: trucchi, specchi, costumi, attrezzi di scena. L’attore varia aspetto nella misura che assume l’identità di qualsivoglia persona, a richiesta, come per gli assassinii a pagamento. Il contratto richiede tu sia un manager? Ok. Forse un apprensivo padre di famiglia o un demente distruttore di performance al cimitero. Nella vita ognuno recita una parte, si sposta sulla sua limousine incontra le persone e si comporta come per loro è previsto che sia. La sincerità, l’esternazione del tuo vero io, non è che una piccola parentesi, pronta a volare subito via, magari dalla terrazza di un grande magazzino in disuso. Oppure è nascosta sotto il trucco di scena o un’anonima maschera. La mistificazione comunicativa è simboleggiata dalle epigrafi sulle lapidi del cimitero: Visitate il mio web… Mi trovate al www…. Ecc. Letteralmente dissacrante. Si ride, e’ vero, ma si ride amaro. La miseria del genere umano, nascosta dietro la facciata di lusso fittizio della limousine, è incombente.

Le molteplici vite del protagonista creano altrettanti quadri d’azione, che vanno dal romantico al grottesco. Il ricco finanziere, nella lussuosa camera d’albergo, cerca una fuga dalla sua opprimente vita attraverso la foresta stampata sulla tappezzeria. L’uomo cibernetico tenta un improbabile balletto sessuale con una sua simile sul palcoscenico. La mendicante incontra più disprezzo che carità. Monsieur Merde mangia i fiori, strappa la mano a morsi alla segretaria di produzione e rapisce la modella Kay M. al cimitero di Père-Lachaise portandola in spalla, come si conviene a un mostro cinematografico, fino al suo antro, nelle fogne parigine. Le iniziali sono di Kate Moss che ha ispirato il personaggio interpretato da Eva Mendes, parte che pare avrebbe dovuto essere di Amy Winehouse. Il padre punisce la giovanissima Angèle per non aver ballato alla festa, lasciandola a casa sola. Il musicista è raggiunto da un formidabile gruppo di fisarmonicisti in un crescendo da brividi nella chiesa di Saint-Eustache e sigla l’inizio del brano non col tradizionale uno, due, tre, quattro, ma con tre, dodici, merda. Il killer subisce lo stesso trattamento riservato alla vittima, creando un doppio perfetto. L’uomo morente pensa unicamente all’amore perduto. Quello che rientra in famiglia sembra uscire dal film di Oshima Max amore mio.

Il grande amore di Oscar copre la parte romantica e tragica del film, riservata a Kyle Minogue. Sono lontani i tempi in cui interpretava telefilm o girava I delinquenti in Australia. Adesso è perfetta nel ruolo di Jean, pronta per la sua nuova, drammatica vita sulla sua limousine. Si incontra con Oscar su un terrazzo la cui vista sovrasta l’amato/odiato antico Pont Neuf, e canta un pezzo a cappella scritto dallo stesso Carax. Tra gli altri brani della colonna sonora si evidenziano la Marcia funebre Shostakovich e il tema di Godzilla.

Nel finale, da non svelare, ci sono due citazioni non male. Dagli Occhi senza volto di Franju e dal Pixar Cars.

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIÙ!