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Miracoli di provincia passati alla storia del pallone italiano

Nella storia del pallone nostrano ci sono diversi esempi di miracoli di provincia che il nostro Paese ha visto in oltre 100 anni. Dal Grande Torino, allo scudetto dell’Hellas Verona di Bagnoli, passando alla Sampdoria dei gemelli del gol Vialli-Mancini al Parma della coppa Uefa.

fino ai giorni nostri con Atalanta prima ed ora Monza e Lecce che provano a seguire la scia. Squadre uscite dal nulla che hanno spezzato il dominio delle Tre Grandi, dando un tocco di effervescenza al calcio italiano. Sono tutte imprese passate alla storia del calcio italiano

Atalanta, da miracolo a solida realtà

Atalanta, l’ultimo dei vari miracoli nella storia del calcio italiano. L’Atalanta, dal 2016 sotto la direzione di Gian Piero Gasperini, sta ottenendo risultati che ormai la considerano una vera e propria big, sebbene il suo background storico parli di tutt’altro.

Sesta giornata del campionato 2016/17, 26 settembre. Forse la partita più importante di Gian Piero Gasperini sulla panchina dell’Atalanta. Quattro sconfitte su cinque partite e l’esonero a un passo. Ma quel giorno sul neutro di Pescara, contro il Crotone, cambia tutto. Quel 3-1 contro i calabresi è l’inizio della favola – ormai una solida realtà – chiamata Atalanta.

Il Grande Torino: uno squadrone piegato solo da un tragico incidente aereo

Uno dei miracoli sportivi che ha fatto la storia del calcio italiano è senza dubbio il ciclo del Grande Torino. La squadra, che negli anni ’40 appassionò molti tifosi, aprì il suo ciclo vincente nella stagione 1942-43 in pieno conflitto mondiale. Fu proprio negli anni del dopoguerra che il Toro toccò l’apice, la cui formazione restò nella memoria di molti appassionati di calcio: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Ossola, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II. Allenatore: Erbstein.

Il Torino vinse ben 5 scudetti consecutivi (senza contare l’interruzione dovuta alla guerra), dettando legge nella Serie A degli anni ’40. Come tutte le favole però, venne la fine (tragica), il 4 maggio 1949. Di ritorno da un’amichevole in Spagna, l’aereo perse l’orientamento e andò a schiantarsi sulla collina di Superga

. La tragedia colpì profondamente l’opinione pubblica, ma non cancellò comunque la fama della squadra, divenuta subito un vero e proprio mito calcistico. Un giovane Indro Montanelli sul Corriere della sera del 7/5/1949, commentò così:

Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto “in trasferta“.

Il Bologna di Bulgarelli e il campionato 1963-64 vinto allo spareggio con la Grande Inter

Il calcio italiano degli anni ’60 vide come regina incontrastata la Grande Inter di Helenio Herrera. Il suo ciclo vincente si aprì nel 1963 con l’8° scudetto dopo un lungo duello con il Milan. L’anno successivo, però, nella lotta s’intromise anche il Bologna. I giocatori felsinei non erano dei campioni come quelli dell’Inter, ma ciascuno faceva la sua parte per competere ogni domenica.

Nulla poté contro di loro. Nemmeno un’accusa di doping verso alcuni giocatori, poi rivelatasi infondata (per alcuni si trattò di un complotto architettato da un D.T. del Milan per fare fuori il Bologna dalla corsa scudetto) poté fermare la loro determinazione.

Fogli, Pascutti, Haller, Nielsen, Janich, ma soprattutto il capitano Giacomo Bulgarelli furono i giocatori che portarono il settimo titolo a Bologna. La gara si decise il 7 giugno 1964 sul campo neutrale dell’Olimpico di Roma, in cui i rossoblù vinsero 2-0, strappando il tricolore dal petto dei milanesi.

Il Cagliari e lo scudetto del 1969-70

Un’altra impresa passata alla storia della Serie A è senza dubbio il campionato 1969-70 vinto dal Cagliari.

“De Robbio fischia in questo istante la fine. Il Cagliari è campione d’Italia!” – Sandro Ciotti a ‘Tutto il Calcio minuto per minuto’.

Il campionato di Serie A 1969/70 chiude i favolosi anni Sessanta e apre una nuova era calcistica, quella dei formidabili anni Settanta. È anche il torneo che conduce ai Mondiali di Messico ’70, molto sentiti dall’Italia di Ferruccio Valcareggi, perché gli Azzurri sono campioni d’Europa in carica e puntano a prendersi una rivincita dopo le delusioni di Cile ’62 e Inghilterra ’66.

Al termine di una stagione esaltante, la squadra rossoblù, trascinata da tre uomini chiave, il vicepresidente e Direttore generale Andrea Arrica, il tecnico Manlio Scopigno e il fuoriclasse e bomber della squadra Gigi Riva, batterà le grandi squadre del Nord e conquisterà uno Scudetto leggendario, portando in paradiso un’intera isola.

Il Perugia dei miracoli

Nel 1974 l’industriale Franco D’Attoma rileva un Perugia con un piede in serie C e sommerso dai debiti. Insieme a Castagner e Ramaccioni costruirà il più bel Grifone della storia. Una squadra imbattibile, che ha cullato il sogno di un’autentica impresa. In quel 1979, a tre punti dalla storia

Definiti da Gianni Brera artefici di un “Calcio onestamente buono e razionale”, i biancorossi mantengono l’imbattibilità finendo il girone d’andata al secondo posto. Speggiorin e Bagni gonfiano la rete con continuità, la difesa a quattro diretta da capitan Frosio è granitica e il centrocampo gira a meraviglia con la quantità di Butti e la qualità di Vannini.

Una città che ci crede unita a una squadra che fa del gruppo la sua arma migliore, e i perugini diventano la vera e propria rivale scudetto del Milan di Niels Liedholm e Gianni Rivera.

Ma nella rappresentazione di un miracolo sportivo, la dea bendata ha sempre un ruolo da protagonista. E il grave infortunio dell’uomo più qualitativo Vannini, che sarà costretto a interrompere la carriera, rompe qualcosa nell’equilibrio dei grifoni.

A sei giornate dalla fine arriva lo scontro diretto in casa coi rivali rossoneri, con gli umbri a due sole lunghezze e costretti a vincere.

Pronti via e gli ospiti sbloccano su rigore con Chiodi; il Perugia pareggia con Casarsa al 17’ ma le speranze di tricolore dei padroni di casa si spengono tra i guantoni di Albertosi. 1-1 il risultato finale che consente al Milan di amministrare il vantaggio nelle giornate rimanenti.

La storica imbattibilità è realtà, per un record mai raggiunto fino a quel momento in Serie A, ma il sogno svanisce con i biancorossi a soli tre punti dallo scudetto.

Il Parma 1999, Era Uefa

l Parma a Mosca, nel 1999, contro il Marsiglia. Era il Parma di Buffon, di Cannavaro, di Thuram, di Crespo, di Chiesa, di Veron e di tanti altri. Un Parma pieno zeppo di campioni, perché allora andava così, tra le sette sorelle e un calcio italiano ancora florido a livello internazionale.

Giocava davvero bene, quel Parma. Molta forza fisica in difesa, dove Cannavaro e Thuram formavano una cerniera insuperabile e Sensini dirigeva con esperienza e sapienza. E quando quei tre «bucavano» c’era sempre Buffon… A centrocampo, Dino Baggio e Boghossian formavano una diga, Fuser e Vanoli spingevano sulle fasce. Ovviamente tutto ruotava attorno all’estro di Veron, autentico uomo-squadra.

Crespo e Vanoli nel primo tempo, Chiesa nella ripresa: secco 3-0 a un OM mai in partita e altro trofeo, l’ennesimo, per coronare nel migliore dei modi il decennio più luminoso della storia ducale.

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