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Spettacolo,  Musica

Perché Fulminacci è l’artista di cui avevamo bisogno: il nuovo singolo Canguro

Fulminacci pubblica l’ultimo singolo Canguro… e ancora una volta mi stupisce completamente 

Era l’inizio del lockdown e Fulminacci stupì ancora con una demo registrata in home studio. Una canzone struggente, dolcissima, che portava pace: La fine della guerra, appunto. E dire che aveva da poco messo a segno due colpi da maestro: San Giovanni e Le ruote, i motori! .

Non passa molto, insomma, che Fulminacci tira fuori un nuovo singolo e stupisce, stupisce, stupisce continuamente per la varietà dei suoni, per la rapidità del linguaggio, per la novità delle atmosfere. O meglio, per la capacità di non confermarsi mai ad ogni singolo, ma di superarsi continuamente: adesso, con Canguro, l’ha rifatto. 

Canguro: due parole su testo e musica

Canguro è qualcosa di superlativo. Innanzitutto il battito, come dice l’artista, il battito nuovo, improvviso, travolgente, scombussolante. Ci ha lavorato tanto, dice… beh, si sente eccome. Canguro ti fa rimbalzare da una parte all’altra, saltando da un dettaglio a un pensiero, dalla descrizione alla narrazione. Il testo a leggerlo appare frammentato, scomposto. In realtà, ad ascoltarlo (le canzoni si ascoltano, non si leggono!) è semplicemente “saltellante”. 

“Parla dei pensieri intrusivi”, il singolo “del lato oscuro di tutti noi, di quando ci sentiamo dei mostri, di quando ci facciamo un po’ schifo pur non avendo mai fatto paura a nessuno”, scrive l’artista su Instagram. E infatti “voglio fare una brutta figura, sono un mostro, sì faccio paura” recita la canzone.

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Il canguro di Fulminacci come il coniglio di Donnie Darko? Chi lo sa. 

Nel suo linguaggio, comunque, l’artista romano continua a superare l’ingenuità geografico-descrittiva di buona parte della musica indie, riprendendo quel grande insegnamento di Schiller sulla poesia ingenua e sentimentale. Non si lascia travolgere dal suo tempo insomma, ma lo manda in crisi, cioè seleziona, riutilizza quel linguaggio, che altrimenti sarebbe solo stereotipo, e butta dentro, e scuote nel suo setaccio tutto quel lessico delle cose povere e quotidiane della nuova musica italiana: anche le parole, sballottolate qua e la, arrivano a salti.

Del resto i canguri, si sa, saltano. 

La copertina e il video del nuovo singolo

La copertina infine è spaziale, surrealista. Come ha spiegato l’artista è un’elaborazione grafica di pixel provenienti da immagini diverse: un’immagine che non esiste e che eppure è leggibile, riconoscibile. Insomma, qualcosa che non c’è eppure c’è, una realtà di fatto impossibile ma quasi familiare: surreale, come i paesaggi scontorti delle poesie di Bodini o l’impero delle luci nella notte fonda di Magritte.

Ecco il video del nuovo singolo, prima di spendere ancora due parole. 

Il linguaggio di Fulminacci: perché è l’artista di cui avevamo bisogno

Fulminacci è l’artista di cui avevamo bisogno? La risposta è sì, e per due ragioni fondamentali.

  1. Fulminacci non dà conferme, nemmeno a se stesso, ma si supera continuamente. Non è prevedibile, è talmente giovane da non accontentarsi di uno stile. Il bello è che nella sua ricerca artistica, Fulminacci ci porta per mano; e man mano che sperimenta e si contraddice, noi abbiamo la grazia di acoltare una musica sempre diversa, mai consolatrice (di questa cosa in parte ne avevo già parlato vedi). L’artista romano non ci regala il motivetto che ci stavamo aspettando, ma ogni volta ci lascia a bocca aperta. Tutto ciò è meraviglioso e fa venire voglia (quella voglia che il pop radiofonico ammazza ogni giorno), di ascoltare veramente musica, di sperimentare nell’ascolto, di provare a capire le note, gli strumenti, i tempi, i linguaggi. 
  2. Finalmente abbiamo un artista che prima di ascriversi a una corrente, anche a rischio di andare fuori “target”, segue la sua voglia di sperimentare. Nel farlo, ha ormai completamente superato anche quell’etichetta-minestrone di indie. Se, come dice qualcuno, esiste uno stile indie, Fulminacci non ne fa parte: è già oltre. Non uno dei tanti che fa musica-come-si-usa-adesso insomma, ma uno, finalmente, che fa musica

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