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Lifestyle

Pinkwashing, femminismo a scopo di lucro

Pinkwashing, il lato oscuro del marketing

Il termine Pinkwashing nasce dall’unione di “pink”, rosa e “washing”, imbiancare quindi nascondere ed è collegata al tema dell’emancipazione femminile e del femminismo.

La pratica nasce come movimento contro quelle aziende che volevano guadagnare dalla lotta contro il cancro al seno, fingendo di sostenere la causa per puro scopo di lucro. La parola è stata utilizzata per la prima volta nel 2000 dalla Breast Cancer Association.

Da dove nasce il Pinkwashing

Il Pinkwashing deriva dal termine Greenwashing, utilizzato per designare quelle aziende che fingono di sostenere le tematiche ambientaliste per avere un ritorno economico. Barbara Brenner, membro della Breast Cancer Association, conia questo termine per riferirsi a tutte quelle aziende che intraprendono campagne di marketing volte a sostenere l’universo femminile e la lotta contro il cancro al seno solo per indurre i consumatori a scegliere i loto prodotti.

Alla fine Pinkwashing ha finito per racchiudere tutte quelle pratiche che vedono una persona o un ente sostenere solo apparentemente la lotta per la discriminazione di genere e l’affermazione del femminismo.

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Kit Kat
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TIc Tac

I brand che aderiscono a tutto ciò, tingono di rosa i loro prodotti per tutto il mese di ottobre, quando si celebra la giornata mondiale per la lotta contro il tumore al seno.

Pinkwashing, aziende smascherate

Nel 2001 Avon ha lanciato “Kiss Goodbye to Breast Cancer”, ovvero una raccolta fondi in cui si sono venduti dei rossetti del Brand. Il ricavato sarebbe dovuto andare alla lotta contro il cancro al seno. Tuttavia questa è una vera e propria campagna di Pinkwashing in quanto i rossetti contenevano delle sostanze altamente cancerogene. Questo ha creato non poche critiche nei confronti dell’azienda di cosmetica.

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Avon

Un altro esempio di Pinkwashing è KFC che nel 2010 annuncia la partnership con Komen, un’associazione che si occupa della lotta contro il tumore al seno. Quando la campagna è terminata, KFC è riuscito ad ottenere 4 milioni di dollari. Tuttavia i soldi non sono arrivati all’associazione. Ovviamente tutto ciò porta a uno scandalo e a una grossissima polemica intorno al brand.

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KFC

Successivemante possiamo citare Cape Cod Potato Chips che ha promesso una donazione del 5% al Dana-Farber Institute da ogni vendita della sua edizione limitata. Come per il caso Avon anche le patatine di questa azienda contenevano una sostanza considerata cancerogena.

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Cape Cod Potato Chips

Primark, il caso di Rainbow washing 

Nel 2018 anche Primark è colpevole di atti di Pinkwashing. In occasione del Pride il brand ha realizzato una collezione chiamata appunto “Pride”. Il colosso del low-cost ha affermato che il ricavato sarebbe stato devoluto all’associazione britannica “Stonewall“, portatrice dei diritti della LGBT+ Community. Purtroppo però la fabbricazione di molti dei capi d’abbigliamento prodotti per la collezione è avvenuta n Turchia e in altri paesi dove questi diritti sono totalmente assenti.

In questo caso dato che si parla della lotta contro la discriminazione dei diritti della comunità LGBT+ è più corretto parlare di Rainbow washing piuttosto che di Pinkwashing.

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collezione Primark per il Pride

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