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Sport

Suarez, Luci a San Siro

Si è spento a 88 anni Suarez, il regista della Grande Inter. Arrivò dal Barcellona per 300 milioni di lire, voluto a tutti i costi da Helenio Herrera. Con i nerazzurri ha vinto tre scudetti, due Coppe Campioni e due Coppe Intercontinentali. È stato Pallone d’oro nel 1960

Luis Suarez Miramontes

Il regista della Grande Inter si è spento a 88 anni dopo una breve malattia.

Il mondo del calcio italiano si unisce nel cordoglio a quello catalano perché prima di sbarcare a Milano, Luisito era stato una colonna del Barcellona: 176 partite con 80 reti tra il 1954 e il 1961.

L’anno in cui, su insistita richiesta di Helenio Herrera, l’allenatore approdato all’Inter proprio da Barcellona, lo acquistò Angelo Moratti investendo una cifra record per l’epoca, 300 milioni.

(LaPresse) Il nome di Luisito Suarez è legato alla Grande Inter di Helenio Herrera. Il suo arrivo dal Barcellona, voluto proprio dal tecnico argentino, è stato uno dei tasselli più importanti di quello squadrone che ha dominato il mondo per quasi un decennio. Luis Suárez Miramontes, detto Luisito, nasce a La Coruna nel 1935 e dal Deportivo spicca il volo nel grande calcio. Mezzala e poi regista nel 1954 arriva al Barça dove vince due campionati due coppe di spagna e due coppe delle Fiere, l'antenata dell'Europa League. Nel 1960 riceve anche il Pallone d'Oro. A Milano sbarca l'anno successivo. In nerazzurro vince quasi tutto tra cui due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Con la maglia della nazionale spagnola colleziona 32 presenze conquista l'edizione casalinga degli Europei. Prova la carriera di allenatore guidando anche la sua nazionale ai Mondiali italiani chiusi agli ottavi. Deludenti invece le due apparizioni sulla panchina dell'Inter.

Il Barça la utilizzò per ampliare lo stadio Camp Nou, l’Inter presentò ai suoi tifosi il Pallone d’Oro di quell’anno. Con lui nelle vesti di centrocampista incursore la squadra catalana aveva vinto due volte la Liga, due volta la Coppa Nazionale e due volte la Coppa delle Fiere, progenitrice della Coppa Uefa.

Mentre con la Nazionale Luis conquisterà l’Europeo 1964. In maglia nerazzurra Suarez venne trasformato nel secondo anno della gestione Herrera, il celebre Mago, in regista davanti alla difesa.

Luis Suarez giocatore

In tutto nell’Inter ha disputato 333 partite realizzando 55 reti e vincendo tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali.

Fu, insomma, un pilastro di quello squadrone. Elegante e preciso come un architetto (il soprannome che gli venne dato a quei tempi) Luisito era dotato di grande tecnica, ottima mobilità e riusciva a pescare con lanci millimetrici da quaranta-cinquanta metri, le due frecce offensive, Jair e Sandro Mazzola, che scattavano nella metà campo altrui.

Era uno schema, il contropiede, molto caro a Herrera che prediligeva farsi attaccare dall’avversario e poi lo trafiggeva con queste micidiali incursioni ispirate dalla maestria di Suarez.

I più giovani, per avere una idea delle sue qualità devono pensare ad Andrea Pirlo, paragone che Luisito stesso autorizzava: “In effetti abbiamo in comune diverse caratteristiche”.

ALLENATORE

La carriera da calciatore fu conclusa da un triennio alla Sampdoria, dove ritrovò da compagno colui che era stato il suo marcatore fisso nei derby milanesi, cioè Giovanni Lodetti: e lì, a Genova, nacque una bella e duratura amicizia.

Da regista illuminato ad allenatore il passo divenne naturale ma l’esito non fu altrettanto fortunato. La maggiore soddisfazione in panchina è stato il titolo di campione d’Europa Under 21 vinto ai rigori sull’Italia nel 1986.

Luisito ha guidato pure la nazionale maggiore al nostro Mondiale 1990 (amara eliminazione agli ottavi) e si è tolto lo sfizio di cominciare la nuova attività di tecnico proprio dall’Inter, subentrando a Enea Masiero (suo ex compagno di squadra) nel campionato 1974-75, terminato però con un deludente nono posto.

Le altre due esperienze sulla panchina nerazzurra, nel 1992 e nel 1995, furono di breve durata. Ma Massimo Moratti lo volle inserire nello staff della sua Inter tra gli osservatori di fiducia. Zamorano e Recoba sono due dei giocatori visionati e consigliati da Luisito.

Che intorno al Duemila viene invitato sempre più spesso da varie televisioni italiane e spagnole come opinionista. Dotato di un eloquio disinvolto era capace di sdrammatizzare le situazioni più delicate e le critiche più aspre con folgoranti battute di spirito.

Questa sua attività davanti alle telecamere l’ha mantenuta sino a pochi mesi fa, ed era particolarmente fiero dell’incarico ricevuto da una seguitissima radio Catalana che voleva solo la sua voce per le partite del Barça e della Nazionale.

IMMAGINE

Luisito lascia di sé l’immagine di un gran signore, una persona semplice, disponibile, affabile e mai sopra le righe, formatasi nella bottega di macellaio del papà, a La Coruna.

Un tipo allegro, sempre pronto a regalare frasi scherzose, leggere. E del resto ha avuto una vita di successo, la sorte gli ha decisamente sorriso: rimarrà nella storia del calcio come uno dei più grandi giocatori degli anni Sessanta.

LE REAZIONI

Da Massimo Moratti al presidente della Figc Gravina, al ricordo del Milan: sono numerosi gli omaggi del mondo dello sport per la scomparsa di Luisito.

“Oltre ad essere stato dirigente della mia Inter, Suarez è stato il più grande campione dell’Inter fino a quel momento” – ha commentato Massimo Moratti. “Ci ha fatto fare il salto di qualità, ci ha fatto vincere campionati, coppe europee ed intercontinentali. Era completo, eccezionale, con doti fuori dal normale, un passaggio al volo da cinquanta metri che non ho visto mai più fare a nessuno”.

L’ex presidente dell’Inter continua:

“Oltre ad essere stato un co-capitano eccezionale, era un uomo responsabile, serissimo. Come dirigente, è stato un ottimo dirigente, ha fatto anche l’allenatore con me, è stato un amico alla fine della sua carriera. Ha svolto tutti i compiti.

Sapevo che non stava bene, era ricoverato al Niguarda, ultimamente era peggiorato. Aveva perso la moglie due anni fa, era rimasto solo. E’ peggiorato negli ultimi giorni. Ora c’è solo da spiegare che è sempre stata una persona che ha fatto il bene dell’Inter. A me rimane in mente questo di Luisito”.

Per Gravina

 “se ne va un monumento del calcio italiano e internazionale. Ha regalato perle di bellezza per tutti gli appassionati, ispirando generazioni di calciatori e tifosi”.

Aldo Serena, attraverso un post su Twitter, ha voluto ricordare Luisito Suarez:

“Il piglio del fuoriclasse lo hai sempre avuto, e anche mantenuto dopo la carriera da calciatore (quando ti ho conosciuto). Eri puntuto e a volte velenoso nei tuoi giudizi, comprensibile perché il metro di giudizio erano le tue giocate, le tue aperture geniali“.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera Sandro Mazzola ha parlato di Luisito Suarez, scomparso ieri all’età di 88 anni:

“Era fantastico nella posizione di regista. Luisito era la mente della squadra, il cervello del gruppo. Lanci millimetrici, recuperi perfetti e difendeva il pallone in maniera sontuosa. Faceva tutto bene. Leadership? Un fenomeno anche in quello. Ci insegnava sempre tutto. All’intervallo spiegava gli errori da non ripetere a chi aveva magari sbagliato. Anche a me ha dato molti consigli”.

Un’altra stella della “Grande Inter” è volata in cielo

Un’altra icona che rimarrà indelebile nel cuore e nella mente dei tifosi interisti e degli appassionati di calcio. Dopo Corso e Facchetti, si piange un altro mito così come lo erano Peirò Sarti.

Alcuni dei titolari di quella formazione guidata in panchina da Helenio Herrera, anche lui scomparso nell’ormai lontano 1997, e capace di vincere scudettoCoppa Campioni e Intercontinentale.

Il primo ad andarsene era stato il capitano, Armando Picchi, deceduto il 27 maggio 1971, a soli 36 anni per una terribile malattia.

Nel 2006 un tumore si era portato via  all’epoca presidente dell’Inter e amatissimo dai tifosi nerazzurri. Nel 2017 si è spento il portiere Giuliano Sarti, il 20 giugno 2020, se ne è andato Mariolino Corso, il “piede sinistro di Dio”. Nel maggio del 2012 l’addio a Tarcisio Burgnich.

Mazzola e Domenghini tra i pochi superstiti della Grande Inter

Tenere vivo il ricordo di quell’Inter spetta a chi come Massimo Moratti è cresciuta amandola sulle gambe di papà Massimo, a Sandro Mazzola, centrocampista cresciuto ammirando e imparando proprio da Suarez i segreti del ruolo, ma non solo all’ex capitano nerazzurro.

Domenghini e il brasiliano Jair, i due attaccanti che più di tutti hanno goduto delle giocate e delle verticalizzazioni dell’architetto in mezzo al campo, oggi lo piangono e sono il punto di riferimento per narrare ancora e ancora le gesta di quella squadra. In vita ci sono anche Guarneri e Bedin.

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