AMY WINEHOUSE
Musica

Amy Winehouse, Un’anima spezzata a 27 anni

Oggi 14 settembre sarebbe stato il compleanno di una delle più grandi voci femminili degli ultimi decenni. Che con soli due album è riuscita a lasciare un’impronta indelebile.

“Sono contenta di essere diversa. Non voglio essere come gli altri, mi piace avere il mio stile personale. Mi piace essere rumorosa e parlare con le persone: questo è semplicemente chi sono”.

Questo diceva di sé stessa nei suoi diari Amy Winehouse. Ma chi era veramente la più dotata pop star britannica degli anni 2000, che il 14 settembre avrebbe compiuto 40 anni?

La morte nel 2011, a 27 anni ha scatenato una sorta di voyeurismo, insensibile e stupido. I media si sono concentrati, in particolare, sui suoi problemi con alcol e droghe. Sui suoi amori maledetti.

Amy Winehouse, un talento enorme

Era dai tempi di Janis Joplin, che il mondo non ascoltava un talento femminile così grande e altrettanto disperato. Uno scricciolo di un metro e 58 per 45 chili, con un gigantesco carisma in scena. Una ragazza bianca, che cantava come se fosse cresciuta a Memphis, immergendo in salsa British la grande tradizione di Aretha Franklin, Ruth Brown, Dinah Washington.

Amy amava il jazz, il soul, il r’n’b, il blues. E conosceva i suoni e le sofferenze alla base delle voci di Carole King, Donny Hathaway, Sarah Vaughan. Di lei il Guardian scrisse:

“La musica di Amy Winehouse è da qualche parte tra Nina Simone e Erykah Badu“.

E anche nei live, la sua arte emergeva prepotente: non aveva una grande estensione vocale e non si inerpicava in funambolismi gratuiti e di maniera.

“Ogni brutta situazione è una canzone blues che aspetta di accadere”

La piccola ragazza ebrea di Londra nord andava dritta a bersaglio, come le grandi della musica black. Conosceva bene i segreti della melodia, dei sottintesi, cantava benissimo le ballad, vedi Love is a loosing game. Uno stile personale, figlio diretto di una tradizione.

Una carriera in due album

La carriera di Amy Winehouse è durata pochi anni: due album, Frank, del 2003 e Back to black del 2006, un disco con arrangiamenti e suoni perfetti. Il disco dell’esplosione, della conferma, al punto di riuscire a creare qualcosa più di un trend: ha favorito la rinascita di una sorta di nuova versione della cool generation inglese dei tardi anni Ottanta.

“Ho scritto un album di cui sono davvero orgogliosa su una brutta situazione che ho attraversato. Dentro c’è tutta me stessa”

Un tormento visto da tutti

Ma tra la sua voce, i tatuaggi e l’eyeliner pesante, si annidava un tormento che tutti vedevano, ma che nessuno è riuscito a sciogliere. E fa impressione pensare che la sua grande hit sia Rehab, dove lei risponde ”no, no, no…” ai genitori che la vorrebbero far disintossicare.

Molto presto Amy è diventata la protagonista assoluto del gossip tossico, come se volesse trasferire nel mondo del pop gli incubi chimici e punk di Trainspotting.

“Sfortunatamente, la metà delle cose che sono dette su di me sono vere e non credo che la capacità di combattere abbia qualcosa a che fare con quanto sei grande. Ha a che fare con quanta rabbia è in te”

Il matrimonio con Blake Fielder-Civil, a Miami nel 2007, si rivela un disastro: è lui a introdurre la cantante all’eroina, al crack e all’autolesionismo. E poi botte, overdose, ricoveri, persino la galera per lui, il divorzio e, in ultimo, la denuncia per stalking da parte dell’ex marito è l’emblema di una deriva autodistruttiva.

Amy Winehouse era un obiettivo privilegiato di paparazzi e specialisti del gossip, il suo lento suicidio è avvenuto sotto gli occhi del mondo.

L’ultima sua apparizione pubblica, a Belgrado, è stato un disastro: ubriaca e strafatta è salita sul palco barcollante e farfugliante, senza riuscire a cantare neanche una nota in modo decente. Fischiata, umiliata davanti al mondo attraverso la gogna di internet.

“A volte mi chiedo se c’è qualcuno là fuori che è pazzo come me? Un ragazzo buono, con i capelli scuri e che indossa gli occhiali per leggere ed è un vero ragazzo indie? I piercing sono facoltativi, ma se posso scegliere accento scozzese o irlandese! E perché tutti gli amici di mio fratello entrano in questa descrizione anche se sono troppo giovane per farmene qualcosa?”

Poi, l’annullamento della tournée europea nel giugno del 2011, era attesa anche a Lucca, si è rivelato il tragico prologo a una fine annunciata. Il 23 luglio del 2011, Amy esce per l’ultima volta dalla sua casa londinese al numero 30 di Camden Square, in un sacco rosso della polizia mortuaria. In casa era sola. Il referto medico riporta: avvelenamento da alcol.

“Quelle come me – diceva – sono destinate ad avere l’anima perpetuamente in tempesta. Le persone pazze come me, non vivono a lungo ma vivono come vogliono”.

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