Borsa: indici della paura
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Borsa: gli indici della paura

Si fa un gran dire nelle ultime ore di uno strumento in particolare, l’indice Vix, che il gergo giornalistico ha da tempo ribattezzato l’indice della paura. Eppure esso non è l’unico né tantomeno il più importante ma, forse, solamente il più noto al pubblico dei neofiti.

Borsa: gli indici della paura

Effettivamente, l’indice di volatilità ha messo a segno 2 sedute di rialzi importanti (giov. e venerdì scorso) a cui si aggiunge la giornata di ieri che ha registrato un rialzo ulteriore sebbene decisamente smorzato nel finale come si evince dal grafico a candela. Addirittura, il Vxn [Nsdq 100] che a referto mette un +4,62- che sulla scarta potrebbe spaventare- ha chiuso sui minimi di giornata.

Nel complesso comunque tanto Vix che Vxn venivano da mesi di sopore tant’è che entrambi si mantengono al di sotto della soglia allarme dei 30 punti. Eventuali ulteriori spike potrebbero indicare turbolenza sul breve-medio termine, tutt’altro che improbabile, ma al momento il retail sentiment è più da short-selling calcolato che da panic selling. Certo il -12,68 % degli ultimi 5 gg che la heatmap di Marketscreener evidenzia nel settore bancario dello Standard&Pool non può lasciare imperturbabili.

Lo stesso, il Dark Index di Squeezemetric non registra affondi, per cui muovendosi coordinatamente con il suo riferimento–e dunque inevitabilmente al ribasso–non indica particolari movimenti nelle dark pool del paniere.

Borsa: gli indici della paura Skew e MOVE

Motivi per cui preoccuparsi più seriamente derivano invece dalla lettura di strumenti più sofisticati e meno noti. In realtà, a preoccupare non è tanto l’impennata dello Skew Index (132-3 pb) che si mantiene ancora su livelli non preoccupanti, in quella zona grigia per cui se non va bene non è nemmeno in vista un risk tail.

Si tratta quanto più del MOVE, l’indice che misura la volatilità implicita dei bond del tesoro americani: a 173 pb ha superato il picco segnato allo scatenarsi della crisi covid; erano mesi che sulla scorta della lotta all’inflazione e dunque di rialzi progressivi dei tassi l’indice saliva, tuttavia ora siamo decisamente in un’area preoccupante. Speriamo si tratti questo sì solo di un momento di panico da parte degli investitori del settore.

Per dare un’idea del rischio paventato, da mercoledì scorso i buoni del tesoro americani hanno subito il peggior scossone dal 1987– avvenuto in concomitanza del Black Monday, giorno in cui l’S&P perse il 20%– con un calo dei rendimenti di ben 100bp. Quindi sì è abbastanza normale che l’indice realizzato da Merrill Lynch sia schizzato a livelli da paura, e la volatilità già aumentata consistentemente nell’ultimo periodo non diminuirà a breve.

Infine, come prevedibile, l’evento ha avuto conseguenze anche sui credit default swap americani, tuttavia, il movimento è stato forse maggiore del preventivabile: infatti, i Cds USA hanno registrato un nuovo massimo storico (83bp), segno che qualcuno scommette contro la tenuta finanziaria dello strumento che dà storicamente maggiori rassicurazioni agli investitori.

Borsa: gli indici della paura. La parola alla FED

Tuttavia, la situazione è lungi dall’esiziale: prossimamente (21-22 Marzo) la FED si ritroverà per decretare se e quanto aumentare il tasso d’interesse.

Se prima del crack di SVB & co. vi era consenso rispetto ad un ulteriore aumento di mezzo punto percentuale, gli analisti ad oggi si dimostrano più cauti: una parte ritiene che l’istituto proseguirà la lotta all’inflazione come se nulla fosse accaduto mantenendo il ruolo di falco e chi preconizza invece maggiore cautela con aumenti massimi dello 0,25%. Se, invece, la banca statunitense dovesse colpire i redditi fissi tagliando gli yields potremmo vedere un riflusso di liquidità sui mercati azionari. Per il momento, dunque, niente paura.

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