BOTTO&BRUNO, ALLA RICERCA DI UNA NUOVA IDENTITÀ
Entrando nella spazio espositivo si è avvolti da un paesaggio fotografico. Ripercorre quasi tutte le pareti come copre buon parte del pavimento. Sono stampe ecososenibili, riproducono diversi scenari urbani. Sono le periferie di Botto&Bruno, il duo torinese, che da sempre esplora il mondo, in un costante confronto fra realtà e sogni, alla ricerca di una nuova identità. Anche alla Fondazione Merz con Society, you’re a crazy breed a cura di Beatrice Merz e Maria Centone.
È più di una semplice mostra, è un’immensa e unica grande installazione in costante e continuo dialogo con il luogo che la ospita. S’ispira al brano Society di Eddie Vedder e all’intera colonna sonora del film Into the Wild. Si presenta come critica alla società odierna ormai avvolta nel suo tempo, tanto da dimenticarsi della storia e della memoria, la cancella costruendo sulle macerie un fittizio “benessere” contemporaneo.
Sta a noi riflettere e Botto&Bruno ci costringono a farlo all’interno di alcuni spazi dell’immensa opera site-specific. Si parte dal silos, simile a quello che occupa lo spazio interno della Fondazione, quella che è diventata da ex edificio industriale a ricettacolo culturale. Qui la distruzione si è fermata, la natura si è impossessata delle rovine per un ritorno al rapporto fra l’uomo e lo stato originario. Segue un secondo elemento particolarmente simbolico: una porzione di muro aggettante da cui escono frammenti di parole, ovvero messaggi e sogni. Infine un cinema ribattezzato Lancia. All’interno della sala è proiettata in loop l’opera Kids world del 2016, con musiche composte dagli artisti stessi e da Bartolomeo Migliore. I video riprende spezzoni tratti da I 400 colpi di François Truffaut del 1959, da Kes di Ken Loach del 1969 e dal primo corto di Abbas Kiarostami Il pane e il vicolo del 1970. Accumunati dall’inquietudine, dalla sensazione della solitudine adolescenziale e dalla ricerca di vivere il proprio tempo nelle banlieue.
Botto&Bruno. Society, you’re a crazy breed
Dal 9 marzo al 19 giugno 2016
Fondazione Merz, Torino
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