mame interviste GIUPPY E FIAMMA IZZO - L'INTERVISTA AL SERIES DAY foto 2
Interviste

GIUPPY E FIAMMA IZZO – L’ARTE DEL DOPPIAGGIO

Cosa vuol dire essere doppiatrici? Come si coltiva questo mestiere? All’evento Series Day, presso il Palazzo del cinema Anteo a Milano, le celebri doppiatrici Giuppy e Fiamma Izzo rispondono a queste e ad altre domande.

Innanzitutto: cosa significa oggi essere doppiatori in Italia?

Fiamma: Oggi il doppiaggio viene trattato in modo diverso rispetto al passato. Bisogna stare molto attenti, cioè, all’opera originale e, di conseguenza, alla lingua con cui quell’opera è ideata. La prima cosa da tenere presente e da non dimenticare è infatti il contenuto iniziale. Oggi, rispetto al passato, è più facile studiare i contenuti originali. E non immagini quante lettere riceviamo da parte di appassionati di traduzione che propongono una loro versione! Non si dimentichi poi la difficoltà che risiede nel fatto che molto spesso noi doppiatori non c’entriamo nulla con gli attori che doppiamo. E, dal punto di vista lavorativo, entrare nel mondo del doppiaggio è molto difficile. C’è bisogno di una preparazione tecnica, che non sempre è disponibile. E si tratta di un lavoro che ci permette di vivere bene, ma non di arricchirci: serve dunque una salute di ferro perché si deve continuare a lavorare! (ride)

mame-interviste-GIUPPY-E-FIAMMA-IZZO-LINTERVISTA-AL-SERIES-DAY-foto-1
La redattrice di Mam-e Denise Lo Coco con Giuppy e Fiamma Izzo

Cosa consigliereste quindi a un aspirante doppiatore? Durante il vostro intervento al Series Day, infatti, avete detto che non esistono scuole di doppiaggio in Italia.

Giuppy: Innanzitutto, non esiste l’aspirante doppiatore, perché chi vuole fare questo mestiere deve prima essere un attore. Principalmente, quindi, non si nasce come doppiatori: eventualmente, lo si diventa dopo. Ci sono molti attori teatrali, per esempio, che decidono di dedicarsi al doppiaggio quando non vanno più in tournée.

Fiamma: È come qualcuno che vorrebbe diventare chirurgo: prima deve diventare un medico. Così è anche per i doppiatori: prima devono essere attori. E molte persone pensano invece che basti avere una bella voce o avere esperienza in radio per lavorare come doppiatori. Uno speaker, infatti, non sa immedesimarsi in un personaggio: questo si impara in una scuola di recitazione.

Sempre durante il vostro intervento al Series Day, avete parlato della difficoltà di adeguare il doppiaggio italiano all’originale inglese, essendoci una significativa differenza di pronuncia tra il parlato latino e quello germanico. Com’è invece doppiare in altre lingue, in base alle vostre conoscenze?

Fiamma: Anche per i francesi e per i spagnoli doppiare non è semplice. Le loro lingue, proprio come l’italiano, hanno una grande ricchezza di termini. In particolare, il francese ha lo stesso problema di lunghezza nella pronuncia dell’italiano. Una frase che in inglese infatti è molto breve, se tradotta in francese o in italiano può diventare lunga il doppio. E per i tedeschi accade spesso la stessa cosa, pur avendo una lingua che nasce dalla stessa radice di quella inglese. I giapponesi, invece, hanno il problema opposto: le loro frasi sono molto più brevi e concise rispetto a quelle degli occidentali.

In un’epoca in preda al fenomeno serie tv, voi avete preferenze riguardo al lavorare su film piuttosto che su serie televisive?

Giuppy: In realtà, noi lavoriamo sempre allo stesso modo, sia sui film che sulle serie tv. L’impegno del doppiatore, in entrambi i casi, è sempre altrettanto intenso, perché si cerca in ogni caso di ricreare le emozioni dell’attore che interpreta un personaggio.

Fiamma: Più che altro, la questione cambia dal punto di vista economico. Per un doppiatore, infatti, il tempo è denaro e per doppiare una serie tv, purtroppo, viene dato meno tempo e meno denaro. Recitare, per esempio, 190 righe in tre ore è qualcosa di estremamente faticoso, mentre per un film, nello stesso lasso di tempo, arriviamo a recitare 140 o anche solo 100 righe.

Ci sono persone contrarie al doppiaggio?

Fiamma: Ci sono molte persone che sono contrarie al doppiaggio, persone che non capiscono il valore e la difficoltà. Noi lavoriamo molto anche per Netflix e, grazie anche a questa nuova realtà, ci rendiamo sempre più conto di come il doppiaggio sia un mestiere diffuso e importante in tutto il mondo. Basti pensare che si effettuano doppiaggi in 19 lingue diverse, quindi l’Italia non è certo l’unico paese che ospita questa professione.

Giuppy: Vedendo poi dal vivo come si esegue questo mestiere, proprio come è capitato al nostro pubblico poco fa durante il panel, ci si rende maggiormente conto delle difficoltà che i doppiatori affrontano.

Qualche aneddoto particolare capitato durante la vostra celebre carriera?

Giuppy: Io racconto sempre un aneddoto vissuto insieme a Fiamma. Premetto: quando si doppia, bisogna saper recitare bene, quindi anche quando ci si trova davanti a una scena in cui i personaggi mangiano, anche noi dobbiamo simulare il movimento della bocca. Mi ricordo quindi che per doppiare una scena abbiamo mangiato una zuppetta di acqua e cracker per un’ora emmezza, dovendo poi ripetere la stessa scena diverse volte. Non ne potevo più!

Fiamma: Io invece ricordo che, quando io e Giuppy abbiamo doppiato un film in cui recitava Meryl Streep, c’era una scena in cui il personaggio di Meryl doveva dire a suo padre una frase che Giuppy ha dovuto ripetere infinite volte. Era “di meno non è di più” ed era complicato perché Giuppy doveva piangere proprio come faceva Meryl. E come dimenticare la famosa frase di Luca Ward ne Il gladiatore: “Al mio segnale, scatenate l’inferno!“. Gliel’ho fatta ripetere tantissime volte perché per me, che ho una formazione musicale, c’era una determinata musicalità in quella frase e volevo che Luca la risaltasse al punto giusto.

Giuppy: Per non parlare di Grey’s Anatomy, per cui ho lavorato insieme a Stefano Benassi, doppiatore del personaggio di Derek. Ci siamo divertiti per tredici anni, doppiando ogni settimana i nostri personaggi, e quando Derek è morto per me è stato abbastanza traumatico (ride). E quante volte gli ho fatto ripetere la frase “Tu sei ossigeno puro“, rivolta al personaggio di Meredith. Eravamo soliti, infatti, dirigerci a vicenda nelle scene “da solisti”.

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIÙ!