Arte

IL MONDO SI MOBILITA PER SALVARE ASHRAF FAYADH

 

Il suo nome è Ashraf Fayadh, artista e poeta palestinese, è stato appena condannato a morte per ateismo in Arabia Saudita, e il mondo, non solo quello dell’arte, si è sollevato.

Reo di aver espresso attraverso le sue creazioni e i suoi versi principi contrari alla religione musulmana, Fayadh è stato arrestato nel 2013 dal Comitato di Promozione della Virtù e Prevenzione del Vizio saudita, per apostasia e blasfemia (dal presunto video in cui ha ripreso una lapidazione alle semplici foto postate su Instagram con colleghe artiste o al fatto di fumare sigarette, tutto ha contribuito); ne seguì una prima risoluzione del processo con una multa e 4 anni di reclusione, e già al tempo oltre cento artisti e intellettuali del mondo arabo si mobilitarono per la sua scarcerazione. Oggi una nuova sentenza ha ribaltato la precedente condannandolo a morte. Secondo quanto riporta l’organizzazione non-governativa Human Rights Watch (HWR), la sentenza è ancora in attesa di conferma, ma, nel frattempo, artisti, storici e molta stampa internazionale hanno sollevato il caso con inviti formali e non al Paese per salvare la vita dell’artista. Il Guardian riporta che oltre una dozzina di organizzazioni, tra cui l’International Association of Art Critics, hanno firmato una petizione pro Fayah che verrà inviata oggi, 27 novembre, all’Ambasciata Saudita di Londra.

Ashraf Fayadh – che nel 2013 è anche stato co-curatore della mostra Rizoma alla Biennale d’Arte di Venezia – è solo uno dei numerosi condannati illustri che popolano le carceri saudite –  tra gli altri ricordiamo il blogger Raif Badawi (al quale il mese scorso è stato assegnato il Premio Sakharov) e il giovanissimo attivista Nimr Baqir al Nimr, arrestato nel 2012 e condannato anch’egli a morte.

Noi ci auguriamo che non solo Fayadh e gli “illustri detenuti” condannati perchè troppo liberi siano scarcerati, ma anche tutti gli altri sconosciuti e coraggiosi che lottano per amore dell’espressione siano salvati da questa atroce condanna. E che questa storia valga dunque per ciascuno di loro, Fayadh o qualsiasi altro nome abbia.

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