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Lione: delude La Dama di Stein

L’ex sovrintendente della Schaubühne di Berlino ha optato per una versione pauperistica del capolavoro di Cajkovskij

Con un’austera Dama di Picche si è concluso all’Opéra de Lyon il "ciclo Cajkovskij" avviato nel gennaio 2006 con Mazepa (1884) e seguito l’anno dopo da Eugenio Onegin (1879). Sempre a Lione, le tre opere saranno poi rappresentate tutte di seguito nel 2010 nel corso della stessa stagione.

Direttore d’orchestra (Kyrill Petrenko), regista (Peter Stein), scenografo (Ferdinand Wögerbauer), luci (Danne Schuler e Japhy Weideman) e costumista (Anna Maria Heinreich) sono gli stessi degli anni scorsi, mentre il cast vocale è interamente rinnovato, con l’eccezione di Marianna Tarasova, assai apprezzata nel 2006 in Mazepa, e di Elena Maximova che nel 2007 si fece notare in Onegin. Se in occasione delle prime due puntate della trilogia lionese l’allestimento tradizionale di Peter Stein è apparso perfettamente riuscito, nella Dama di Picche il regista tedesco ha deluso le aspettative.

Stavolta, l’ex sovrintendente della Schaubühne di Berlino ha optato per una versione pauperistica del capolavoro di Cajkovskij che, invece, per l’orchestrazione sontuosa e l’impiego notevole di mezzi vocali sembrerebbe più idoneo alla grandeur. La scenografia è ridotta all’essenziale, e i costumi senza sfarzo. La Contessa (la già ricordata Tarasova, veramente straordinaria), sorta di grottesco spaventapasseri abbigliato con un costume funereo dal copricapo ridondante, è un’imitazione maldestra della regina di picche delle carte da gioco. Anziché portare il peso degli anni con la dignità delle anziane dame dell’epoca di Caterina di Russia, la nobildonna ha l’andatura di uno zombie, quasi fosse un pupazzo disarticolato nelle mani di una pattuglia di sdolcinate fantesche. E nella scena del terzo atto in cui ricompare nelle vesti di un fantasma, la Contessa assume dimensioni smisurate trasformandosi in un’entità mostruosa.

Ma è vero che, in passato, in Francia si è visto anche di peggio. Brucia ancora a Parigi il ricordo della Dama di Picche andata più volte in scena all’Opéra Bastille negli anni scorsi, ambientata dal regista Lev Dodin in una casa di cura per alienati mentali. Tornando allo spettacolo lionese, un’eccellente direzione d’orchestra e un cast canoro d’ottimo livello hanno contribuito a far passare in secondo piano le manchevolezze della regia. Il tenore Viktor Lutsiuk, a cui il 26 gennaio spettava il ruolo di Hermann, è un ufficialetto aggressivo e allucinato, dalla voce rotonda e priva di sfasature. Nikolai Pulitin è un Tomskij stentoreo e virile, e Andrei Breus un principe Eleckij sensibile e disincantato. Altrettanto compatto il quartetto femminile formato, oltre alla Tarasova, dalla splendida Liza di Olga Guriakova, dalla mirabile Polina di Elena Maximova e dall’efficace Governante di Nadine Denize.

Ma la vera rivelazione della serata era costituita dalle prestazioni dell’orchestra dell’Opéra de Lyon galvanizzata dal trentacinquenne Petrenko, visibilmente su di giri durante la scena finale nella casa da gioco. In forma il Coro e la Maîtrise (le voci bianche) dell’Opéra de Lyon: in particolare, i bambini si sono misurati con disinvoltura nel ruolo massacrante dei soldatini previsto all’esordio del primo atto. Non memorabile la coreografia di Michael Inhow, soprattutto a causa del taglio apportato all’intermezzo La sincerità della pastorella della scena del ballo del secondo atto. (Jacopo Astarita)

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