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Scala, la stagione 2005-2006

I nostri critici commentano il prossimo cartellone del teatro milanese. Si comincia con Silvia Poletti e il programma del balletto. Lunedì 25, invece, Piero Gelli commenterà quello dell’opera Decisamente «blindata» (ovvero forte per una buona risposta del botteghino, senza eccessivi rischi e/o invenzioni) la nuova stagione di balletto del Teatro alla Scala di Milano attinge prevalentemente al suo rodato repertorio per riempire gran parte del cartellone 2005/2006.
Al solito (ma non c’è niente da eccepire in questo, anzi) domina l’idioma classico e neoclassico, con la proposta di titoli a serata di grande impegno tecnico e stilistico, assai amati dal pubblico e decisamente salutari per migliorare lo standard della compagnia. E, come già l’anno scorso, un piccolo, troppo piccolo spazio alla creazione, con un’unica novità – per di più destinata alla coppia stellare Alessandra Ferri e Roberto Bolle – firmata dal trentenne Cristopher Wheeldon, sempre più considerato, a livello mondiale, tra i pochissimi paladini del neoclassico doc. Si ha comunque l’impressione che manchi un disegno culturale ad ampio respiro, che oltre che rafforzare, cerchi anche di fare evolvere artisticamente e stilisticamente la compagnia scaligera: stare al passo con le altre realtà del mondo significa anche questo.
Si resta comunque compiaciuti per il programma Mozart (dal 9 al 23 giugno 2006), che riporta la poesia coreografica di Jiri Kylian alla Scala dopo il successo di Sinfonia dei Salmi: del grande coreografo praghese è infatti presente il più noto dittico mozartiano, composto dal sensuale lirismo di Petite Mort (sull’Adagio del Concerto per piano e orchestra K488 e l’andante di quello KV 467) e dalla scanzonata ilare fantasia delle umorose Sechs Tanze. Ma sempre nella stessa sera, oltre alla menzionata novità di Wheeldon (sempre su pagine mozartiane), va segnalato il toccante Jeunehomme, sul concerto per piano e orchestra omonimo, nella coreografia morbida e rigorosa interpretata tra gli altri da Massimo Murru, ispirata creazione dell’ultimo coreografo della cosiddetta Scuola di Stoccarda, Uwe Scholz – autore troppo presto scomparso (qualche mese fa, a soli quarantasei anni) e qui giustamente ricordato.
Si resta invece un po’ perplessi per la Sylphide che apre il cartellone (dal 15 al 31 dicembre) e che non arriva nella brillante e drammaturgicamente perfetta versione di August Bournonville (del quale, sia detto per inciso, le più grandi compagnie del mondo hanno celebrato quest’anno il bicentenario), bensì nella manierata ricostruzione di Pierre Lacotte della versione parigina del capolavoro romantico, creato da Filippo Taglioni per la figlia Marie nel 1832: se ha un senso all’interno della Maison, che proprio da lì definì la famosa scuola stilistica francese, questa versione rischia infatti di diventar stucchevole altrove. Vedremo comunque come se la caveranno le ballerine scaligere, cui si unirà per alcune repliche, noblesse oblige, la sensibile etoile parigina Aurelie Dupont (protagonista di un dvd proprio nelle vesti della Silfide).
A proposito di impegni per il corpo di ballo, sono due gli appuntamenti che richiederanno la massima «tenuta» stilistica e interpretativa, per dimostrare – come va affermando il direttore Frederick Olivieri – che «il corpo di ballo della Scala è ormai tre le cinque compagnie di balletto più importanti del mondo». Il primo è l’amabile e prestigioso kolossal classico-esotico La Baiadere nella ben nota versione di Natalia Makarova, che tra le molte altre cose, ha la iperuranica glorificazione della danza accademica pura e dell’arte del corps de ballet nel celebre atto delle ombre (13-26 maggio); l’altro è La Bella Addormentata nella edizione Nureyev, in scena dal 24 ottobre al 25 novembre 2006.
Ma in entrambi i balletti a farla da padroni saranno soprattutto i protagonisti. E per questo la Scala ospita, accanto alle stelle di casa Roberto Bolle e Massimo Murru (ma questo solo per Bayadere) la diva russa Svetlana Zakharova, che, dopo il Bolshoi, sembra aver eletto la Scala a sua seconda casa e il giovanissimo pietroburghese Leonid Sarafanov, ultimo golden boy della Grande Madre Russa del balletto accademico.
Ad Alessandra Ferri, la cui stagione scaligera quest’anno è stata sfortunatamente interrotta da un serio infortunio, sono riservati alcuni titoli che permettono di esaltare la spiccata vena interpretativa: nella ripresa di La Strada di Mario Pistoni sulle celebri musiche di Nino Rota (in dittico con la ripresa di The Cage di Robbins tra febbraio e marzo), la Ferri rivestirà i patetici stracci della Gelsomina felliniana; mentre nella riproposta del brillante Pipistrello di Roland Petit quelli seduttivi di Bella, moglie annoiata e con pizzicorini erotici tutti da scoprire (dal 7 al 16 settembre 2006).
Ultimo titolo da citare, la Cenerentola stile musical hollywoodiano firmata da Rudolf Nureyev per l’Opera di Parigi e che la Scala ha in repertorio da qualche stagione. Nelle repliche in cartellone dal 31 marzo al 14 aprile, sono già annunciati i due principi/divi dello schermo, diversissimi ma di indiscussa malia: l’apollineo Bolle e il romantico Murru.
(11 luglio 2005)

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