Milano 12 aprile 1973-2023. Cinquant'anni di fascismo istituzionale
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Milano 12 aprile 1973-2023. Cinquant’anni di fascismo istituzionale

Milano 12 aprile 1973-2023. Cinquant’anni di fascismo istituzionale

Milano, 12 Aprile 1973: cinquant’anni fa oggi la morte dell’agente Antonio Marino trasformava i disordini di Piazza Oberdan e circondario nel Giovedì Nero della Prima Repubblica.

Il poliziotto ventiduenne fu ucciso da una granata militare SRCM-35 (dotazione esercito), che gli esplose in centro petto uccidendolo sul colpo. Gli attentatori, esecutori materiali del lancio omicida, vennero condannati a 19 e 18 anni ciascuno: si trattava di Maurizio Morelli e Vittorio Loi, giovani esponenti del movimento missino.

Quel giorno la disgrazia aleggiava nell’aria. La prefettura aveva negato il permesso al capopopolo Ciccio Franco di organizzare la manifestazione contro «la violenza rossa» ben consapevole che il ritrovo di esponenti del MSI-DN con Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo e Lotta di Popolo avrebbe portato quantomeno a scontri e provocazioni.

Tuttavia, gli organizzatori “politici” dell’evento decisero comunque di manifestare, marciando verso la prefettura in un dilagare di vandalismo e teppismo, capitanati dei deputati missini Servello e Petronio, nonché dal giovane leader del Fronte Studentesco del MSI Ignazio ‘rissa’ La Russa. Il fratello minore, Romano La Russa, invece, fu riconosciuto da numerosi imputati come uno degli autori dei disordini materiali, delle spaccate e dei tafferugli con forze dell’ordine e cittadini estranei al tutto.

In seguito alla morte dell’agente Marino vennero arrestati in 150 ma le condanne furono poche e lievi, ad eccezione, come si è visto, degli assassini materiali della guardia di PS. Per Servello e Petronio fu il Parlamento a decidere, negando l’autorizzazione a procedere chiesta dalla magistratura; mentre La Russa maggiore non venne rinviato a giudizio, il minore fu giudicato e poi assolto.

Entrambi erano stati additati in prima istanza dagli autori della strage come mandanti politici, nella misura in cui avevano preordinato il precedente tentativo di strage (bomba inesplosa del 7 aprile) e gli attacchi del giovedì nero, salvo poi veder ritratte precipitosamente le accuse in un secondo momento.

Non c’è da stupirsi che i due abbiano deciso di tacere nei confronti della potente famiglia La Russa, soprattutto giudicando dove sono oggi i due «ex» fascisti: Romano La Russa è Assessore alla Sicurezza per la Regione Lombardia, Ignazio ricopre la seconda carica dello Stato.

Ma il lupo perde il pelo, e certo non il vizio, tant’è che il primo dei due è finito sotto i riflettori per il saluto fascista al funerale di Stabilini (esponente del MSI morto nel 2022)–cui pure ha presenziato La Russa senior–e il secondo non cessa di creare imbarazzo con esternazioni revisioniste che hanno portato la premier Meloni a definirle una «sgrammaticatura istituzionale».

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Editor: Giulio Montagner

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