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Xi Jinping visiterà Hong Kong nel giorno del 25imo anniversario della “riconsegna di Hong Kong alla Cina”

 Xi Jinping del prossimo primo luglio per il 25imo anniversario della “riconsegna di Hong Kong alla Cina”. È un momento molto simbolico per le relazioni tra la città e la Cina continentale

Il Presidente della Cina Xi Jinping arriverà il primo luglio a Hong Kong per una visita di due giorni per prendere parte alle celebrazioni della riconsegna di Hong Kong da parte del Regno Unito avvenuta nel 1997. Sarà anche l’occasione per ribadire il sostegno di Pechino al nuovo leader della città John Lee che inizierà il mandato proprio il primo luglio.

Xi Jinping a Hong Kong

La polizia dispiegherà migliaia di poliziotti alla stazione dei treni ad alta velocità di West Kowloon per l’arrivo da Shenzhen di Xi Jinping e della delegazione cinese. I media statali hanno dunque confermato la presenza del Presidente a Hong Kong dopo che il suo viaggio è stato messo in discussione nei giorni scorsi. “Xi Jinping parteciperà alle celebrazioni per il 25imo anniversario del ‘riconsegna di Hong Kong alla Cina’ e per la cerimonia di inaugurazione del sesto governo della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong”, ha affermato l’agenzia di Stato Xinhua.

 

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Il Presidente della Cina Xi Jinping (destra) e il nuovo leader di Hong Kong John Lee (sinistra) a Pechino.
Photo: Xinhua

La missione di Xi è estremamente importante per la storia della Cina e per la sua persona, visto che si appresta ad essere rieletto a Segretario generale del Partito Comunista Cinese il prossimo autunno per la terza volta. Xi vuole essere ricordato come colui che ha riportato la Cina nel posto che “merita” (come prima economia mondiale) e come colui che ha definitivamente cancellato gli ultimi segni del “secolo dell’umiliazione” e del colonialismo. Ecco perché la visita per il 25imo anniversario della riconsegna di Hong Kong, che è stato una colonia britannica per circa 150 anni, è un appuntamento imperdibile per la sua agenda politica.

Oltre al simbolismo c’è anche la dura realtà. Nel 1997 la propaganda ha fatto passare la riconsegna della città come un grande evento che avrebbe “riunificato Hong Kong con la madrepatria” ma in realtà i rapporti in questi ultimi 25 anni sono stati abbastanza ruvidi. Fino a poco tempo fa Pechino aveva (quasi) sempre rispettato il principio “due Paesi e due sistemi” ma dalla stagione delle proteste nel 2019 il Partito Centrale ha messo in discussione la relativa autonomia della città. L’introduzione della legge sull’estradizione e del legge sulla sicurezza nazionale hanno accelerato i tempi fino all’elezione “per soli patrioti” a Chief Executive (il leader del governo di Hong Kong) l’ex capo della sicurezza John Lee, unico candidato supportato apertamente da Pechino.

Gli eventi cruciali dei primi 25 anni dell’Hong Kong cinese

Cinque eventi hanno caratterizzato i primi 25 anni dell’HK cinese e che sono cruciali per capire la traiettoria che prenderà la città.

  • 1997: la riconsegna. Nei 150 anni di dominio britannico il villaggio di pescatori nel sud della Cina è diventato un centro finanziario mondiale e un centro culturale libero e produttivo nel mondo cinese in metto contrasto con la Cina comunista della rivoluzione culturale. Ecco perché molti “hongkongnesi” hanno visto la riconsegna della città un po’ come la sua fine. Ciononostante, il Partito ha garantito una semi autonomia per preservare le differenze tra i due sistemi quello simil democratico e occidentalizzato di Hong Kong e quello della Cina Continentale.
  • 2008. I primi anni di “riunificazione” sono passati senza colpo ferire. Anzi, con le Olimpiadi di Pechino del 2008 Hong Kong ha partecipato alle celebrazioni con convinzione. Molti cittadini di HK hanno iniziato anche a identificarsi come “cinesi.
  • 2012: le “Locuste”. Nel 2012 i primi veri attriti si fanno sentire con l’apparizione di una pubblicità che identifica la Cina continentale come una locusta che mangia e depaupera le risorse della città. È un chiaro segno del risentimento anti cinese. Già nel 2003 una serie di accordi sull’immigrazione e sul libero scambio di merci avevano attirato la rabbia degli “hongkongnesi” perché li reputavano svantaggiosi.
  • 2014: il movimento degli ombrelli gialli, “Occupy Central”. La Cina aveva promesso che nel futuro della città ci sarebbero state elezioni a suffragio universale ma una legge del 2014 spense quel sogno permettendo l’elezione del leader solo da un ristretto numero di candidati pre selezionati. Ed ecco l’insorgere di proteste di massa pacifiche che sono durate per settimane e settimane. La polizia ha però risposto col pugno di ferro sgomberando le manifestazioni con il gas lacrimogeno e arrestando i capi delle proteste. Ma ciò ottenne l’effetto contrario e alimentò le proteste. La città si radicalizzò tra quelli che supportano l’autonomia da Pechino e i pro Cina.

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  • 2019: proteste e repressione. È stato un periodo di contestazioni, le più grandi della storia di HK, contro la legge sull’estradizione. Le dimostrazioni ancora una volta pacifiche chiedevano un vero suffragio universale e più libertà da Pechino. La mano pesante della polizia ha però fatto scatenare la reazione violenta di alcuni dei manifestanti che hanno trasformato le strade e le università in piccoli campi di battaglia. Poi vennero il Covid-19 con i lockdown e la legge di sicurezza nazionale che di fatto spensero qualsiasi protesta. Molti media e giornali furono chiusi e venne indetta la prima elezione “per soli patrioti”. Due anni dopo Xi Jinping arriva a Hong Kong per porre una volta per tutte (forse) il timbro del Partito sul futuro di Hong Kong.

 

Cover photo: Reuters

 

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Editor: Lorenzo Bossola

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