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Neanche la Cina vuole il petrolio russo

Le compagnie petrolifere statale cinesi evitano di firmare nuovi contratti per il petrolio russo

Secondo quanto riporta in esclusiva Reuters, le compagnie petrolifere statali della Cina onoreranno solo i contratti esistenti. La Cina non compreranno altro petrolio russo, nonostante gli sconti, come misura cautelare nei confronti delle sanzioni occidentali imposte alla Russia.

Sinopec, CNOOC, PetroChina e SinoChem, che sono tutte compagnie statali, non voglio supportare apertamente Mosca comprando altro petrolio, hanno riferito delle fonti anonime. “Le SOE (compagnie statali) sono caute in quanto le loro azioni potrebbero essere viste come rappresentanti quelle del governo cinese. Nessuno di loro vuole essere individuato come acquirente di petrolio russo”. Non solo, la Cina è il più grande importatore di petrolio al mondo e importa dalla Russia circa 1,6 milioni di barili al giorno. Il trasporto avviene attraverso degli oleodotti costruiti grazie a degli accordi siglati direttamente dai governi di Cina e Russia.

Cina e altro petrolio

Gli esperti, però, rimangono cauti. La scelta di non avvalersi più del petrolio russo (da verificare come cambierà la posizione in relazione agli svolgimenti della guerra) farà sì che la Cina si rivolgerà ad altri mercati. A inizio marzo, il prezzo del Brent, petrolio del Mar del Nord usato come riferimento, è salito oltre i 140$ al barile per poi attestarsi intorno ai 110$, ma un entrate della Cina in altri mercati potrebbe far rialzare il prezzo a livelli insostenibili.

Sanzioni sul petrolio

Nei giorni scorsi l’occidente ha sanzionato il petrolio russo. Gli USA hanno direttamente interrotto le importazioni di petrolio russo. l’Unione Europea, che dipende molto dalle quelle forniture, invece ha sanzionato gli exporter russi Rosneft e Gazprom Neft. Per ovviare a queste sanzioni, la Russia sta cercando nuovi acquirenti, l’India ha aumentato le importazioni, e sta cercando di creare un sistema di pagamento alternativo al dollaro.

Il caso delle “Teapot”

C’è però una scappatoia. Pechino, dunque, sembrerebbe aver detto alle compagnie statali di evitare di comprare nuovo petrolio russo, ma le raffinerie indipendenti dette “teapot” sfuggono a questo ordine. Le “teapot” valgono il 20% della capacità cinesi di raffinazione e “stanno guadagnando mercato per via del loro modello di business flessibile” e perché non rispondono alla politica direttamente centrale.

 

 

 

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