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L’Arabia Saudita è di nuovo il primo fornitore di petrolio della Cina

L’Arabia Saudita esporta un quarto del proprio petrolio in Cina ed è nuovamente il primo fornitore cinese

Nel bimestre gennaio-febbraio 2022, l’Arabia Saudita ha esportato in Cina 14,61 milioni di tonnellate di petrolio greggio che equivalgono a 1,81 milioni di barili al giorno, come riporta Reuters. Nello stesso arco di tempo, le importazioni di petrolio russo sono diminuite del 9% rispetto al 2021 per un totale di 12,67 milioni di tonnellate, o 1,72 milioni di barili al giorno. Le importazioni dagli Stati Uniti sono crollate del 45%.

Le mosse saudite

Per far fronte alla crescente domanda mondiale di petrolio, la compagnia statale saudita, Saudi Aramco, ha deciso di espandere la produzione massima di petrolio greggio a 13 milioni di barili al giorno entro il 2027, un aumento del 30% circa. Incrementerà anche la produzione di gas naturale del 50%.  L’Arabia Saudita è il più importante membro dell’Organizzazione dei Paese esportatori di petrolio (OPEC) e l’aumento di produzione potrebbe aiutare a calmare i prezzi del greggio che sono aumentati a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e delle conseguenti sanzioni occidentali. L’Arabia Saudita esporta circa il 25% del proprio petrolio in Cina, ma i legami tra questi due paesi vanno oltre al petrolio: tra il 2016 e il 2020 gli scambi di armi tra i due paesi è aumento del 386% e gli scambi totali si attestano a circa 61 miliardi di euro.

Recentemente il prezzo del Brent, il petrolio estratto nel Mar del Nord che serve da riferimento per la quotazione dei due terzi del petrolio mondiale, è salito in maniera considerevole. Non a caso, la settimana scorsa il premier britannico Boris Johnson è volato in Arabia Saudita per cercare di ridurre la dipendenza occidentale dai combustibili fossili russi e per cercare di abbassare i prezzi. Questa mossa, seppur strategicamente indispensabile, è stata criticata per via delle ripetute violazioni dei diritti umani in terra saudita. L’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi e l’uso smodato della pena capitale sono solo gli esempi più lampanti. Sabato 12 marzo, per esempio, l’Arabia Saudita ha giustiziato 81 persone con accuse di terrorismo, 92 da inizio anno, come riportato da Amnesty International.

Il petrolio crea un nuovo asse tra Cina, Arabia Saudita e Russia?

Secondo un’indiscrezione del Wall Street Journal, Riad starebbe trattando con Pechino per vendere parte del proprio petrolio in yuan, la moneta cinese. Ciò aiuterebbe la creazione di un sistema di pagamenti internazionali parallelo a quello in dollari. Questa mossa, secondo alcuni analisti, permetterebbe alla Cina e alla Russia di evitare le sanzioni occidentali. Secondo un alto ufficiale americano l’idea della vendita del petrolio in yuan è poco probabile perché la moneto saudita, il riyal, ancorata al dollaro statunitense.

Nonostante ciò, è già da settimane che la Cina e la Russia stanno cercando dei modi per ovviare alle sanzioni occidentali. Secondo Reuters, la compagnia russa Surgutneftegas ha permesso ai compratori cinesi di ricevere il greggio senza fornire le lettere di credito come garanzie. Fin dall’inizio della guerra la Cina si è dichiarata contro le sanzioni perché destabilizzano e danneggiano l’economia cinese e mondiale.

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