acquarello
Acquarello
Acquarello. Termine che, nel suo significato più ampio, può essere applicato a ogni colore legato a un mezzo (generalmente gomma arabica) solubile in acqua. Il suo vario utilizzo si è diffuso nel tempo e nello spazio. Dagli antichi papiri egizi alle pitture su seta cinesi, dalle decorazioni dei manoscritti miniati medievali ai *ritratti in miniatura elisabettiani. Normalmente, tuttavia, il termine acquarello si riferisce specificamente a un tipo di pittura in cui i toni più chiari sono ottenuti non mischiando ai colori un pigmento bianco (vedi gouache) ma diluendoli con acqua, così che la carta o altro supporto sia più evidente attraverso il più sottile strato di colore.
L’acquarello, in questo senso più ristretto, fu utilizzato già nel Cinque-Seicento (memorabili quelli di Dürer e Van Dyck, per esempio). Solo nel Settecento inglese divenne una tecnica di largo uso. In particolar modo per la pittura di paesaggio, essendo adatta a rendere i più delicati effetti atmosferici. Già negli anni Ottanta del Settecento gli acquarelli si fabbricavano in piccoli pani del tipo in uso ancora oggi. In tal modo erano facili da trasportare per dipingere all’aperto. Dapprima questa tecnica si impiegava soprattutto per scene topografiche. Consisteva essenzialmente nel colorare un disegno preesistente. Intorno al 1800 si passò a un approccio più audace, in cui il colore era usato in modo più libero e diretto.
Girtin e Turner (entrambi nati nel 1775) portarono la tecnica dell’acquarello alle sue più alte vette: Girtin in quanto supremo maestro della classica tecnica ad ampie stesure, e Turner per l’eccezionale varietà di effetti e intensità di espressione. Con la nascita dell’ impressionismo, si estese l’apprezzamento per la spontaneità di espressione possibile con l’acquarello, ed esso smise di essere una specialità inglese. Tra gli artisti moderni, i maggiori esponenti di questa tecnica (ognuno a suo modo) furono Cézanne, Dufy, Grosz, Klee, Nolde e Sargent.
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