mam-e spettacolo IL VECCHIO E IL TOUR CON MICHELE DALAI SU RAI 2 Gino Bartali
Sport,  Storia

Gino Bartali: il campione che salvò gli ebrei

Gino Bartali nasce nel 1914 vicino Firenze, a Ponte a Ema. Grande ciclista, protagonista dello sport italiano e simbolo di quell’Italia che si rilanciava dopo i drammi della Seconda Guerra Mondiale.

Gino Bartali la carriera

prima della Seconda Guerra Mondiale

A tredici anni si avvicina al ciclismo: utilizza la bicicletta per andare a scuola e lavora durante i pomeriggi in un’officina di un compaesano. A diciassette anni esordisce nella Società Sportiva Aquila, nella categoria allievi, vincendo già tre gare su otto.

Nel 1935, all’età di ventun’anni, partecipa alla prima gara tra i professionisti, nella Milano-Sanremo. Prende parte anche al Giro d’Italia, piazzandosi settimo in classifica generale. Un anno dopo viene ingaggiato dalla Legnano, con il ruolo di capitano in seconda, continuando ad accumulare vittorie.

Il 16 giugno del 1936 viene però colpito da un lutto gravissimo: il fratello Giulio, più piccolo di lui di due anni e anch’esso ciclista promettente, muore dopo essere stato investito da un’auto contromano durante una gara. La sfortuna si accanisce contro di lui e all’inizio della successiva stagione una broncopolmonite ne limita le attività.

Nonostante tutto fa un grande Giro d’Italia, trionfando con vittorie epiche. Nel 1938 la prima vittoria al Tour de France, poco esaltata al ritono in patria a causa del suo rifiuto di indossare la camicia nera che gli costa l’oscuramento sui mezzi d’informazione.

Fino al 1940 continua a dominare in ogni competizione, ma l’entrata in guerra dell’Italia lo costringe a fermarsi interrompendo l’attività agonistica. Bartali era un devoto cattolico, ed era molto legato all’Arcivescovo Angelo Elia Dalla Costa (riconosciuto come Giusto tra le Nazioni nel 2012).

durante e dopo

Tra il 1943 e il 1944 sfruttando l’immunità diplomatica guadagnata per meriti sportivi, si rende protagonista di numerose azioni eroiche: in biciclette trasporta documenti nascosti tra Firenze e Assisi, consentendo a tanti ebrei di salvarsi dalle persecuzioni.

Queste imprese, rimaste a lungo ignorate verranno celebrate dopo la sua scomparsa nel 2005 con la concessione della medaglia d’oro al merito civile del presidente della Repubblica e nel 2013 con il riconoscimento conferitogli dallo Stato d’Israele di Giusto tra le Nazioni.

Nel 1945 la guerra finisce e Bartali può riprendere l’attività agonistica, ingaggiando una serie di sfide epiche con un altro grande campione come Fausto Coppi. La sua massima consacrazione avviente tre anni dopo, nel 1948, con la vittora del suo secondo Tour de France, a dieci anni di distanza dal primo, in un momento di grande crisi per l’Italia a causa dell’attentato a Palmiro Togliatti.

Seguono le ultime stagioni agonistiche fino all’ultima gara, il 28 ottobre 1954, all’età di quarant’anni, chiusa con una vittoria. L’annuncio ufficiale del ritiro dalle corse è il 9 febbraio 1956. Continuerà come allenatore e opinionista, ricevendo nel 1977 ricevendo il Premio Italia “come maggior campione ciclista vivente“.

Le imprese partigiane e il giardino dei giusti

Di conseguenza, dopo l’occupazione tedesca in Italia nel settembre 1943, Bartali che era un corriere della Resistenza giocò un ruolo molto importante nel salvataggio degli ebrei da parte della Delegazione per l’assistenza agli immigrati (DELASEM), rete avviata dallo stesso Dalla Costa e dal rabbino Nathan Cassuto.

Bartali, che per allenarsi era noto coprire grandi distanze, trasportava documenti falsi nel manubrio e nella sella della sua bicicletta, e poi li consegnava alle famiglie dei perseguitati tra Firenze e Assisi.

Quando veniva fermato e perquisito, chiedeva espressamente che la bicicletta non venisse toccata, giustificandosi dicendo che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità.

Sono diverse le testimonianze dell’opera di salvataggio di Bartali. Prima tra tutte quella di Giulia Donati, una donna fiorentina che dal 1974 vive in Israele, a cui Gino consegnò personalmente i documenti falsificati che salvarono tutta la sua famiglia.

Un altro testimone, Renzo Ventura, ha dichiarato che, durante l’occupazione nazista, sua madre Marcella Frankenthal Ventura aveva ricevuto documenti falsi dalle mani di Bartali, portati loro dal ciclista per conto della rete di Dalla Costa.

Gino Bartali aiutò a salvare anche la famiglia Goldenberg, che il campione incontrò per la prima volta a Fiesole nel 1941. Shlomo, che allora aveva 9 anni, ricorda un incontro con il ciclista e suo cugino Armando Sizzi, amico dei Goldenberg.

L’uomo ancora oggi mantiene viva l’immagine di quel momento, anche perché Bartali gli regalò una bicicletta e una sua foto con dedica. Quando più tardi, dopo l’occupazione tedesca, i Goldenberg furono costretti a nascondersi, Bartali offrì loro rifugio in uno scantinato che possedeva in comproprietà con Sizzi.

Ricercato dalla polizia fascista, Bartali sfollò a Città di Castello, dove rimase cinque mesi, nascosto da parenti e amici.

Con la sua azione, Bartali ha contribuito al salvataggio di 800 persone fra il settembre 1943 e il giugno 1944. Già medaglia d’oro al merito civile nel 2005, Gino Bartali è stato riconosciuto come Giusto tra le Nazioni da Yad Vashem il 23 settembre 2013.

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