Libia lo Stato che si farà
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Libia lo Stato che si farà

Libia lo Stato che si farà

Abbiamo dedicato 3 articoli allo scenario italo-tunisino che sebbene non possano definirsi esaurienti speriamo acclarino la portata del match geopolitico che l’Italia gioca, e in prima persona e nelle veci dell’UE. Questi sarebbero oltretutto incompleti se non bilanciassimo il contributo con un approfondimento sull’altro vicino s-comodo del Bel Paese, ovvero la Libia. Che forse al momento non ha neppure senso chiamare tale.

L’Occidente compatto, infatti, sostiene il governo di Tripoli, la coalizione finalmente rinominata GNU al cui vertice si trova il misuratino Dbeibah, ma ciò non toglie che in Cirenaica governi un altro misuratino, Fathi Bashagha, che da parte sua incassa il sostegno di buona parte della Lega Araba. La calma apparente che regna nello Stato nordafricano è, per l’appunto, apparente: nell’attesa godotiana delle elezioni la corsa al riarmo non si è mai fermata.

L’autorità monetaria è al momento l’unica cerniera tra le fazioni rivali

Al momento l’unica vera istituzione inamovibile nell’apparato statale libico è la Banca Centrale, coadiuvata nel suo operato, che eccede di gran lunga quanto ci si possa opinatamente aspettare da una banca centrale, dalla National Oil Corporation: la relazione è stretta abbastanza affinché l’ex capo della Banca Centrale di Tripoli Farhat Bengdara sia stato nominato presidente della NOC a luglio 2022.

Bengdara è però uomo di Haftar, il generale libico che di fatto governa la parte orientale del Paese per interposta persona (Bashagha). La scelta è stata effettuata proprio per stemperare la tensione e allontanare un’ulteriore escalation militare e dunque un altro massivo intervento di forze esterne (Turchia ed Egitto in primis, rispettivamente, Quatar, EAU e Russia in seconda battuta).

Per chi volesse approfondire, sui complicati e delicatissimi rapporti di potere che la Banca Centrale intrattiene si consigliano questi due contributi che rendono anche l’idea della diversità di vedute tra osservatori continentali e arabi, rispettivamente: The Libyan Banking Sector: A Microcosm of Global Enduring Disorder di Jason Pack & Stefano Marcuzzi e Discourse on Libya remains fixated on the lethal and the lucrative di Hafed Al-Ghwell.

Per spiegare in due parole perché la Banca Centrale rivesta un ruolo così importante

Per spiegare in due parole perché la Banca Centrale rivesta un ruolo così importante basti pensare al fatto che la Libia si era guadagnata il soprannome di “rentier state”: la Banca continua a pagare gli stipendi a tutti i cittadini libici e soprattutto ad elargire abbondanti sussidi “statali” che permettono alla popolazione di tirare a campare pure senza lavoro.

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Italia e Libia. Rapporti ambigui

Quindi, quando l’Italia visita la Libia si reca a Tripoli; però economicamente deve stringere accordi con un uomo di Haftar. Infatti, ENI, la cui presenza nel Paese è radicata da quasi 70 anni, ha firmato accordi con la compagnia guidata da Bengdara per oltre 8 mld di euro ancora l’anno precedente (2022).

Per vie traverse, fare affari in questa situazione geopolitica significa finanziare anche gruppi terroristici come la brigata Wagner (ma anche le milizie russe private Moran e Shield), presente in Libia con un numero compreso tra i 1.500 e i 5.000 effettivi dispiegati a protezioni di 4 basi militari (Brak al Shati, sud-ovest, Jufrah centro-sud, Qardabiyah centro-nord, al-Khadim nord-est). Contraltare a quest’iniziativa sfacciatamente pro-Haftar il recente annuncio di un ‘accordo tecnico’ di cooperazione militare per cui l’esercito italiano s’impegna ad addestrare le forze speciali libiche.

La notizia è riportata da Agenzia Nova che rende conto dell’incontro tra il generale Mohamed Al-Haddad e l’ammiraglio Cavo Dragone in data 20 u.s. Non viene specificato altro oltre al termine forze speciali libiche ma pensando al quadro delle forze in campo tratteggiato dall’informativa parlamentare dell’Osservatorio Politico Internazionale nel 2021 si può presumere che il riferimento sia: o alle Forze Speciali di Deterrenza RADA–dei criminali al pari degli altri attori in gioco, ma pur sempre dei criminali, per di più salafiti.

Altrimenti l’altra possibilità concreta è che addestriamo, sia mai direttamente beninteso, le truppe di “Security and support apparatus”, le famigerate quanto crudeli milizie SSA. In questo senso è fattuale che le SSA possiedano 6 navi e che i guardiacostieri libici abbiano ricevuto un training dalle marine europee.

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L’Italia dà armi a tutti contendenti

Eppure, il ruolo dell’Italia non si esaurisce qui. Se dunque il nostro Governo reagisce alla scorporazione della Libia stringendo accordi con ciascuna delle fazioni in lotta non dobbiamo dimenticare la posizione italiana nei confronti di un player di primissimo ruolo quale la Turchia. Ankara ha messo al centro della propria politica estera la costa nordafricana, in particolare la Libia: nel 2020 è intervenuta militarmente sventando la presa di potere del generale Haftar a suon di bombardamenti mirati. In seguito ha siglato un intesa nota come MoU–Memorandum of Understanding–e a tutt’oggi mantiene una presenza militare nel Paese, in contravvenzione agli obblighi internazionali, anche se come si è visto non è certo l’unico Stato a giocare sporco.

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