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Sostenibilità,  Fashion

Kering. Ridurre emissioni per essere sostenibili

Mercoledì 22 marzo Kering ha pubblicato il proprio bilancio di sostenibilità, in cui si pone l’obiettivo di ridurre le proprie emissioni di CO2 del 40 % entro il 2035. Un primo passo verso una maggiore sostenibilità della moda, settore responsabile di buona parte degli agenti inquinanti riversati nell’ambiente.

L’impegno ecologista di Kering

Il gruppo del lusso si è recentemente scoperto più ecologista, una volta resosi conto che ciò che stava facendo per l’ambiente non era più sufficiente. A commentare quest’ultima decisione è stato il fondatore François-Henri Pinault, che ha detto: «Kering e le sue maison hanno fatto passi da gigante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità negli ultimi anni e, parallelamente, hanno ampliato le proprie ambizioni aziendali. Ora stiamo fissando un nuovo obiettivo assoluto, perché se vogliamo davvero decarbonizzare le nostre attività globali dobbiamo passare dalle riduzioni dell’intensità di carbonio alle riduzioni assolute. Sono convinto che la riduzione dell’impatto in termini assoluti, unita alla creazione di valore, debba essere il prossimo orizzonte per aziende veramente sostenibili».

Ne è convinta anche Marie-Claire Daveu, a capo della sostenibilità del gruppo, che ha ribadito l’importanza della decarbonizzazione per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi; pur rendendosi conto del fatto che non si tratta di un progetto facilmente realizzabile – considerando che Kering è un’azienda con ambizioni di crescita -, è convinta che non basti parlare dell’intensità delle emissioni, ma che sia necessario anche agire concretamente.

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La sede Kering a Parigi.

Il gruppo non è nuovo a progetti volti alla sostenibilità: a fine 2022, nell’ambito delle tematiche evidenziate dalla Cop15, ha costituito, in collaborazione con L’Occitane, il Climate Fund for Nature, che investirà 300 milioni in progetti a tutela della biodiversità. Inoltre nel 2021 ha deciso di investire nella piattaforma del vintage Vestiaire Collective e di recente molti dei suoi marchi – fra cui spicca Gucci, con il lancio della piattaforma Gucci Vault – hanno iniziato a sperimentare il mercato dell’usato.

Kering si sta anche impegnando nella ricerca di materiali di nuova generazione, indagando in particolare i possibili sostituti della pelle; questo, insieme al finanziamento di progetti di agricoltura rigenerativa e alla costituzione di un dipartimento interno interamente dedicato allo sviluppo sostenibile rendono Kering il primo colosso del lusso ad impegnarsi nel contrasto all’inquinamento, un problema strettamente connesso alle necessità dei processi produttivi del settore.

Fashion system VS ambiente

La moda costituisce un fattore rilevante per il cambiamento climatico: secondo un rapporto ONU, il comparto sarebbe responsabile dell’8/10 % delle emissioni annue di CO2, pari a circa 4/5 miliardi di tonnellate, del 20 % dello spreco di acqua, pari a circa 79.000 miliardi di litri all’anno, e del 35 % del numero di microplastiche riversate nelle acque (circa 190.000 tonnellate). A ciò si aggiunge un rapporto del National Institute of Standard and Technology, che rileva come i prodotti chimici – ampiamente usati nelle filiere della moda – costituiscano il secondo fattore di inquinamento delle acque.

Un punto di demerito è sicuramente costituito dal circolo vizioso del fast fashion: un rapporto stilato dalla Commissione Europea mostra infatti che il consumatore medio acquista oggi il 60 % di capi in più rispetto a 20 anni fa, ma continua a usarli per la metà del tempo, complice anche l’obsolescenza programmata di molti prodotti.

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Editor: Leonardo Santarelli Kering. Ridurre emissioni

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