Luvly O. Light Urban Veichle
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Luvly O: light urban vehicle

La microcar del futuro si chiama Luvly O: l’assonanza con lovely per chiunque mastichi un poco di inglese è immediata ma il nome si motiva anche in qualità di acronimo. LUV infatti sta per: light urban veichle.

Luvly O: light urban vehicle

A Milano sono sempre di più le auto o i veicoli eliminati a elettrico che circolano, soprattutto di piccola o piccolissima taglia, molto pratici per girare nel dedalo del centro e comodissimi per le soluzioni di parking temporaneo. Sono le cosiddette city cars, disegnate per trarre massimi vantaggi per il guidatore in condizioni cittadine: in particolare, le soluzioni più diffuse sono i molti modelli di Smart (su tutti l’Enjoy) o anche ai quadricicli della Birò, ma anche la new entry cinese Xev YoYo.

La prossima rivoluzione invece potrebbe arrivare dal Nord dell’Europa piuttosto che dall’Estremo Oriente. Dalla Svezia, infatti, giunge notizia di una prima e funzionante macchina da strada “fai da te”. Il DIY è chiaramente un mantra degli ultimi 20 anni almeno di mercato e sembra deciso a conquistarsi ancora più spazio e in settori fino all’altro ieri impensabili, come appunto quello delle autovetture.

Sì, quella del fai da te è una fissazione soprattutto svedese, vedasi IKEA: ma è un modello che funziona e che può essere esportato. La microcar del futuro si chiama Luvly O: l’assonanza con lovely per chiunque mastichi un poco di inglese è immediata ma il nome si motiva anche in qualità di acronimo. LUV infatti sta per: light urban veichle.

Lunga 2,7m, alta 1,44m, larga 1,53m, pesa 380 kg, raggiunge una velocità massima di 90 km/h, dotata di batteria da 6,4 kw/h (smontabile composta da due moduli) che si ricarica in un’ora, bagagliaio da 276lt, autonomia di circa 100km a velocità media di 60km/h. Costo 10.000 bigliettoni. E te la devi costruire te.

Infatti, l’idea rivoluzionaria che permetterebbe di ‘disintegrare’ i costi per l’azienda è quella di spedire le componenti dell’auto in imballaggi piatti (flat pack): non è richiesto alcun macchinario specifico per l’assemblaggio delle componenti, che sono tutte riciclabili e già ora in buona parte composte di materiali riciclati.

L’azienda ne trarrebbe un enorme vantaggio in quanto dovrebbe preoccuparsi solamente di produrre le singole componenti, senza i costi propri della realizzazione di una vettura, e soprattuto abbatterebbe i costi logistici, dal momento che un solo container potrebbe arrivare a contenere 20 ‘auto’ a pezzi.

Sicuramente, per gli amanti della mobilità green e dei puzzle un connubio che intriga.

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Editor: Giulio Montagner

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