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Paolo Borsellino, non fu solo la mafia: fu tradito anche dallo Stato

La morte di Paolo Borsellino non è stata voluta solo dalla mafia. Lo Stato ha le proprie responsabilità, ma i misteri rimangono ancora oggi.

La morte di Paolo Borsellino non è legata solo alla mafia

Sono passati trentun anni dalla morte di Paolo Borsellino avvenuta per mano della mafia. Il tempo passa e sempre di più emergono i lati oscuri di quelli che sono stati gli anni bui delle stragi in Italia. Domande senza risposte, vittime e famiglie che cercano giustizia. Una ferita che non si è ancora rimarginata, in un Paese dove la giustizia lascia buchi irrisolti all’interno della nostra storia contemporanea.

È evidente che Paolo Borsellino era un personaggio scomodo, da eliminare. Ma forse non solo per la mafia. Così come il collega Giovanni Falcone, morto lo stesso anno in un precedente attentato mafioso, stava per scoprire realtà scomode che andavano ben oltre la mafia. Paolo Borsellino è stato tradito dal suo Stato e da una magistratura che si è rifiutata di restituire la verità.

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Paolo Borsellino: la sua morte poteva essere evitata

Tra l’attentato di Capaci, dove morì Falcone, e quello in Via D’Amelio passarono 57 giorni. In quell’arco di tempo Borsellino indagò senza sosta per far luce sulle trame oscure degli stretti rapporti tra la mafia e lo Stato italiano. Quel 19 luglio 1992, tuttavia, le sue ricerche furono tragicamente interrotte.

Cosa Nostra, più precisamente il Clan dei Corleonesi, da tempo lo voleva morto. E questo aspetto è stato accertato anche dai processi che sono seguiti alla sua morte. Ma rimangono molte domande intorno a tutto il resto. Le indagini sull’uccisione di Borsellino e le relative sentenze hanno portato alla creazione del più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana.

Anzi, i depistaggi su di lui erano già cominciati quando il magistrato era ancora in vita e in qualità di capo della procura di Marsala. Negli anni, infatti, fu personaggio di spicco per aver promosso importanti inchieste sulla mafia.

Chi voleva la morte di Paolo Borsellino oltre alla mafia?

Ma, quindi, per chi era pericoloso Paolo Borsellino oltre alla mafia? Lo era per tutti quegli apparati istituzionali e statali che per decenni avevano tramato insieme alla mafia, godendo della loro protezione e legittimazione a livello istituzionale. Erano uomini dei servizi, delle forze dell’ordine, militari, imprenditori, preti, politici, finanzieri.

A denunciarli è anche Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato, secondo cui il lavoro investigativo è stato mal condotto dagli organi inquirenti. Il percorso verso la ricerca della verità è stato ostacolato da alcuni colleghi dello stesso magistrato, che è così rimasto isolato e tradito anche dopo la morte. Trent’anni contrassegnati da complicità e incompetenza di una macchina giudiziaria che si rifiuta di dare risposte.

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Fiammetta Borsellino

Paolo Borsellino: le domande intorno alla sua morte e le proteste della famiglia

Nei giorni che intercorsero tra l’uccisione di Falcone e l’attentato in Via D’Amelio, la Procura di Caltanissetta commise l’errore di non convocare Borsellino come persona informata sui fatti. Era lui l’unico ad aver raccolto riflessioni e confidenze fatte da Falcone, e si trovavano tutte all’interno della sua agenda rossa da cui non si separava mai. Proprio quell’agenda con la strage del 19 luglio venne persa in quel buco nero di storia: fu persa? O fatta sparire?

Fiammetta Borsellino ha deciso di disertare tutte le manifestazioni ufficiali per i trentun anni da Via D’Amelio, “perché lo Stato non ha indagato davvero”, ha detto. “Mio padre pochi giorni prima da quel tragico 19 luglio disse a mia madre che ‘non sarà la mafia ad uccidermi, ma i miei colleghi che glielo permetteranno‘. Bene, qualcuno vuole andare a vedere cosa c’era dentro quel nido di vipere?”, ha denunciato Fiammetta.

 Conclusione La morte di Paolo Borsellino non è stata voluta solo dalla mafia. Lo Stato ha le proprie responsabilità, ma i misteri rimangono ancora oggi.

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Editor: Susanna Bosio

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