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Scala: un commento critico

L’evento è l’evento, a cui oggi tutto si sacrifica, e senno e giudizio. La stampa soprattutto appare impazzita, non i protagonisti, che fanno la loro parte.

Scala: un commento critico L’evento è l’evento, a cui oggi tutto si sacrifica, e senno e giudizio. La stampa soprattutto appare impazzita, non i protagonisti, che fanno la loro parte. Nella fattispecie parlo di chi ha portato a compimento il lavoro, la ristrutturazione del teatro e la fattura di un nuovo palcoscenico, nuovo per impianti e tecnologia, tale da portare La Scala al livello dei migliori teatri del mondo (e ce ne sono ancora di migliori); e parlo anche di chi ha creato lo spettacolo, dal direttore d’orchestra ai cantanti, dal regista allo scenografo…

Uno spettacolo in sé perfetto o quasi, dove tutto funziona per l’alta maestria di Riccardo Muti, l’intelligenza di Luca Ronconi, il gusto di Pier Luigi Pizzi e la bravura dei cantanti, o meglio delle cantanti, Daniela Barcellona, Désirée Rancatore, Diana Damrau e Genia Khmeier, tutte a loro agio in arie defatiganti, tutte coloratura. Perché c’è tutto, come dicevo nello spettacolo, meno la magia della musica, che è mediocre, innocua, digeribile e di circostanza, nata appunto per l’occasione per cui fu scritta, l’inaugurazione della Scala ieri, la rinaugurazione oggi.

Scala: un commento critico Infatti è piaciuta al pubblico della prima, in gran parte composto dai soliti divini-mondani-presenzialisti

Infatti è piaciuta al pubblico della prima, in gran parte composto dai soliti divini-mondani-presenzialisti, i politici, i divi, i sarti, i televisivi, che non sanno distinguere Salieri non dico da Mozart, con cui qualche affinità c’è, ma da Verdi o da Giordano.
Di Salieri ingiustamente calunniato, prima da Puskin e poi da Forman, ormai si sa tutto: dietro gli articoli dei giornali si intuivano frenetiche compulsazioni di testi, dalle monografie alle epistole, in una coscienziosa intenzione di scoprire l’acqua calda: già quando era uscito il film Amedeus, ci furono le doverose precisazioni su quel povero cristo di Salieri.
È vero, non era un genio, ma era un eccellente artigiano, forse non era neanche invidioso di Mozart, nonostante fosse consapevole di quanto gli fosse superiore. Dalle lettere, se qualche perfidia traspare, è di Mozart. Salieri ha avuto la colpa di piacere troppo ai potenti dell’epoca, in un’epoca in cui accanto a lui c’erano Haydn, Mozart e Beethoven, e più tardi Rossini (Salieri muore nel 1825, a 75 anni).

Di Salieri si conoscono poche opere. Non le si danno, se non Les Danaides, una tragèdie lyrique

Di Salieri si conoscono poche opere. Non le si danno, se non Beethoven, Les Danaides, una tragèdie lyrique di sapore gluckiano, che ha un’ouverture bellissima e arie molto piacevoli. Divertente all’ascolto è anche il Falstaff, privo ovviamente della profonda maturità e ironia che possiede l’omonimo verdiano. Interessante e felicissima inoltre appare Prima la musica poi le parole, in cui si propone in chiave comica una questione che ha fatto e farà versare fiumi di inchiostro letterario e musicale, fino ad arrivare alle varianti ultime, le splendide Arianna in Nasso e Capriccio di Richard Strauss.
Se le tre opere succitate, le uniche che io conosca, hanno per un verso o per un altro qualche motivo di interesse, qualche palpito di vivacità, qualche soffio di genialità, Europa riconosciuta non ne ha, è pura tappezzeria settecentesca, adatta come tanta musica artigianale e occasionale del periodo, a risolvere una festa, un compleanno, un’incoronazione, un’inaugurazione appunto, e tutto rigorosamente nobiliare.

Scala: un commento critico «Con quel pianto a me volete/ rammentar che reo son io./ Ma non merita il fallo mio/ così barbaro martir»

«Con quel pianto a me volete/ rammentar che reo son io./ Ma non merita il fallo mio/ così barbaro martir», canta all’inizio Asterio, che allora era un castrato e oggi è Genia Khmeier. Chissà a qual fallo avranno pensato molti dei presenti in sala. I versi di Mattia Verazi sono parsi a Luzzato Fegiz, nella loro arzigogolata follia, sorreggere arie di forte e facile impatto. Forse pensava di essere a Sanremo: televisivamente non c’è nessuna differenza.
Domani spente le luci su Berlusconi e famiglia, su Sofia Loren in nero accompagnata dal sarto Armani, su Fede che politicamente corretto bacia la mano della Melandri, su quei noiosi di Emanuele Filiberto e Clotilde che sono dappertutto come il prezzemolo, ascolteremo Europa, assieme a un pubblico quieto e partecipe. Vedremo se la magìa di Muti riuscirà a convincermi.
Nella foto, Riccardo Muti

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