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Moda

Zara resale e riparazioni.

Zara compie un altro passo verso la sostenibilità: lancia una piattaforma di riparazioni e resale.

Era il 2015 quando il famosissimo brand di fast fashion lanciò sul mercato il progetto per essere più eco-sostenibile: Join Life.

Sulla scia di altri brand fast-fashion, come H&M, anche Zara si premurò di essere più “green”. La linea Join Life procurò al marchio un discreto successo. Questo perché la nuova collezione riuscì a colmare l’esigenza, ormai diffusa negli acquirenti, di attuare uno stile di vita, e quindi anche di abbigliamento, maggiormente eco-friendly.

I capi della collezione Join Life sono realizzati con fibre naturali e con un uso ridotto dell’acqua.

EVERLAST PER ZARA 2021

Il prezzo è variabile: sono partiti da cifre che si aggiravano intorno ai 12,95 euro per una maglietta e 17,95 euro per una felpa, per poi crescere nel corso degli anni, visto anche il grosso ampliamento della collezione che oggi comprende jeans, pantaloni, blazer, camicie, vestiti, calzini. Insomma, copre tutta la gamma dei capi d’abbigliamento.

Il progetto, inoltre, non ha coinvolto solo Zara ma tutta l’azienda Inditex, a cui fanno capo anche i marchi Oysho, Bershka, Stradivarius, Pull & bear e Massimo Dutti.

In effetti, già diversi anni or sono, il colosso dell’abbigliamento spagnolo, aveva messo a punto il progetto Green to wear +, volto a garantire condizioni sociali e ambientali adeguate durante tutto il processo produttivo.

Qualche anno dopo, i compratori di Zara di lunga data lo ricorderanno, le buste per gli articoli sono state modificate: la classica busta blu con scritta bianca è stata sostituita con quella marrone con scritta bianca, fatta di carta riciclata.

La ribrandizzazione di Zara

Zara ha subito tre cambi di nome, tutti riguardanti il font delle lettere, ma è stato quello del 2019 la vera svolta.

Primi rebranding del 2019: Zara, Mastercard e Microsoft Office

In quel periodo, Zara ha scelto di introdurre un nuovo logo, ponendosi controcorrente rispetto alla tendenza minimal di scelta dello stile degli altri marchi.

È stata l’agenzia pubblicitaria Baron & Baron ad occuparsi del rebranding di Zara. L’agenzia è fondata da Fabien Baron, conosciuto per i lavori concepiti per Madonna, Interview e Harper’s Bazaar. Si trattava del secondo cambio di look dopo quello del 2010, che risultava però più simile a quello originale.

Ma il rebranding non è stato solamente una mossa estetica. In qualche modo, Zara ha voluto modificare la propria identità.
I negozi sono diventati più chic, i prezzi degli articoli sono aumentati, sono state aggiunte delle collezioni. Insomma, il tentativo è quello di allontanare l’immagine di Zara dagli altri marchi fast-fashion.

Infatti, nel 2021, il brand fondato da Armancio Ortega nel 75, aggiunge anche una collezione beauty. Inoltre, i sacchetti in carta riciclata smettono di essere gratuiti, bensì venduti a 0.15 centesimi. Anche questa è una strategia eco-sostenibile che è stata attuata da H&M: i sacchetti sono venduti a 0,10 centesimi e il raccolto viene devoluto a Wwf Italia a supporto del progetto Oasi, per la salvaguardia della biodiversità e delle specie a rischio del Paese.

Zara, inoltre, offre selezioni sostenibili anche all’interno della gamma dei prodotti: dalle borse di tela per fare la spesa, o il proprio shopping in negozio ai sacchetti composti da materiali riciclati.

La nuova cura nei confronti della sostenibilità

Il 3 novembre Zara lancia un progetto pilota dedicato alla riparazione e alla vendita resale dei suoi capi, in modo da aiutare i propri clienti a recuperare i vestiti usati ed entrare a far parte di un’economia circolare, che produca meno sprechi.

I capi che necessitano di riparazioni potranno essere spediti online o consegnati direttamente in tutti gli store Zara. Il progetto sarà appannaggio esclusivo del Regno Unito all’inizio. Una volta effettuata la consegna dei capi, si pagherà una commissione per il servizio. I capi verranno riparati e resi entro i dieci giorni lavorativi.

Contemporaneamente, il progetto verrà lanciata anche una piattaforma di resale, grazie alla quale il cliente avrà l’opportunità di rivendere i capi già in suo possesso.

Così, il venditore potrà scansionare il cartellino o il codice a barre interno all’indumento e Zara fornirà automaticamente le proprie foto e le informazioni sulla composizione del capo. La piattaforma filtrerà tutte le comunicazioni e il venditore potrà aggiungere foto o dettagli, nel caso fosse richiesto. Il servizio sarà gratuito per i rivenditori, mentre gli acquirenti pagheranno una commissione di una sterlina, più un costo del 5 per cento.

Oltre il riciclaggio: la donazione

L’azienda, inoltre, estenderà anche la sua collezione di abbigliamento. Con l’aiuto della Croce Rossa inglese, amplierà il suo programma di donazione dei capi tramite delle ceste di deposito posizionate all’interno degli store. L’abbigliamento che viene donato non dev’essere necessariamente firmato Zara.

Lo stesso sito ufficiale di Zara afferma:
“Il nostro programma di raccolta di indumenti usati consente di depositare i capi che non si usano più nei contenitori presenti nei negozi(…). Ci occuperemo noi di consegnare i capi alle organizzazioni con cui collaboriamo, che si incaricheranno di dare loro una nuova vita e di supportare lo sviluppo di progetti nella comunità. L’obiettivo del progetto è, oltre allungare la vita utile dei tuoi capi, quello di generare un impatto positivo sulla collettività attraverso la collaborazione con organizzazioni locali”.

Lo scopo che si propone il brand spagnolo è, quindi, il riutilizzo e il downcycling: la trasformazione di capi in altri prodotti.

 

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