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Due giudici britannici si dimettono dall’alta corte di Hong Kong

La Corte Suprema britannica ha ritirato gli ultimi due giudici dalla Corte d’Appello Finale di Hong Kong

 

Mercoledì il presidente della Corte Suprema del Regno Unito Lord Robert Reed assieme al vice presidente Lord Patrick Hodge si sono dimessi con effetto immediato dalla Corte d’Appello Finale di Hong Kong. “Ho concluso, in accordo con il governo, che i giudici della Corte Suprema non possono continuare a sedersi nei tribunali di Hong Kong senza dare l’impressione di appoggiare un’amministrazione che è si discostata dai valori di libertà politica e d’espressione verso i quali i giudici della Corte Suprema sono profondamente impegnati”, ha commentato la scelta Lord Reed con una nota ufficiale. “Lord Hodge e io abbiamo presentato le nostre dimissioni come giudici non permanenti di HKCFA con effetto immediato”, ha aggiunto.

Dal passaggio di Hong Kong alla Cina nel 1997 il Regno Unito ha sempre fornito alla città di Hong Kong due giudici della Camera dei Lord. Lord Reed è diventato giudice della Corte Suprema nel 2011 ed è stato eletto giudice della Corte d’Appello Finale nel 2020. Lord Hodge è divenuto giudice della Corte Supreme nel 2013 e ha iniziato il suo servizio a Hong Kong nel 2021. La presenza di giudici stranieri nel sistema giudiziario di Hong Kong serve per salvaguardare la tradizione della “common law” di stampo britannico. Anche Australia, Canada e Nuova Zelanda forniscono dei giudici a Hong Kong.

Le motivazioni

La scelta del ritiro de giudici è stata motivata con una nota congiunta della ministra degli Esteri Liz Truss e del vice Primo ministro Dominic Raab. “Abbiamo assistito a una continua erosione della libertà e della democrazia a Hong Kong. Dall’emanazione della “legge di sicurezza nazionale” , le autorità hanno limitato la libertà di parola, di stampa e di associazione”, ha detto le ministra Truss. Raab ha rincarato affermando che la “legge di sicurezza nazionale” si è discostata enormemente dagli accordi presi tra Londra e Pechino per la cessione di Hong Kong.

La “legge di sicurezza nazionale”, che è entrata in vigore il 30 giugno 2020, garantisce a Pechino libertà d’azione a Hong Kong. I critici affermano che limita le libertà fondamentali, mentre la Cina asserisce che serve per riportare stabilità alla città. La nota congiunta dei due ministri cita anche le persecuzioni degli attivisti e media oppositori di Pechino.

Le critiche delle autorità di Hong Kong

Sia il governo di Hong Kong che gli organi giudiziari hanno criticato la decisione. L’hanno definita “politica” e hanno accusato il Regno Unito di interferire con il sistema giudiziario usando mezzi amministrativi. Il Capo Esecutivo di Hong Kong, capo del governo, Carrie Lam si è definita “dispiaciuta e rammaricata“. Ha però affermato che: “dobbiamo rifiutare veementemente qualsiasi accusa che le dimissioni dei giudici ha a che fare con l’introduzione della ‘legge di sicurezza nazionale’ o con l’esercizio della libertà di parola e politica”.

La decisione del governo britannico è un altro segno che la legge e il potere di Pechino stanno limitando l’autonomia di Hong Kong e che il mondo si sta dividendo in molti poli. L’invasione russa dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali hanno ulteriormente accelerato questo processo. La Cina si trova a metà strada e cerca una via particolare e alternativa.

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