Agostino Iacurci
Arte,  Interviste

Intervista ad Agostino Iacurci, il coloramondo

Agostino Iacurci, il coloramondo

Disegno, pittura, scultura, murales. L’artista pugliese presenta una grande installazione per il Fuorisalone e si racconta: dall’infanzia passata a Foggia ai viaggi che ispirano il suo processo creativo

Un’installazione onirica e maestosa che avvolge l’imponente torre in Largo Treves, prossima alla demolizione per dar vita a un nuovo progetto. L’artista Agostino Iacurci è tra i protagonisti della design week di Milano con Dry Days, Tropical Nights, un’opera che invita lo spettatore a guardare al futuro del pianeta e in generale dell’umanità e a ripensare un futuro migliore, tutti insieme.

L’intervento, realizzato per il progetto artistico itinerante Glo for art del brand di sigarette elettroniche Glo, prende vita dalla facciata esterna e prosegue fino all’interno del palazzo che durante il Fuorisalone (dal 17 al 23 aprile) diventerà il quartier generale del Brera Design District:

«L’installazione è curata da Cristiano Seganfreddo, editore di Flash Art. Prende il titolo in prestito da due indicatori ambientali che definiscono la severità del caldo durante un determinato periodo in una data area. Stando a questi dati, nel giro di poche centinaia d’anni, la pianura padana e l’Italia si trasformeranno in un paesaggio tropicale con aree desertiche.

Il progetto è immaginato come un’allucinazione che dialoga con l’architettura dell’iconico palazzo progettato da Arrigo Arrighetti nel cuore di Milano trasformandolo in una sorta di oasi che è allo stesso tempo miraggio scintillante e presagio inquietante di un futuro prossimo», spiega Agostino Iacurci che intanto sta già lavorando alla prossima mostra personale che inaugurerà a metà settembre a Los Angeles, al Pacific Design Center Gallery, West Hollywood.

Pugliese, classe 1986, Agostino Iacurci ne ha fatta di strada. Ha girato il mondo per lavoro e per piacere, in lungo e in largo, con il passaporto in mano ad aprire le frontiere e la mente, sempre pronto a fare e disfare un bagaglio di creatività e di ricordi. La voglia di viaggiare, di conoscere nuove culture e tradizioni, la porta in ogni opera, senza però stravolgere il suo stile. Di questo, e non solo, ci ha parlato tra una pennellata e l’altra.

L’intervista ad Agostino Iacurci

Quando hai capito di voler fare l’artista?

Ricordo molto chiaramente un pomeriggio, a 12-13 anni, mentre realizzavo un graffito in una ex scuola occupata a Foggia di aver pensato, quasi ad alta voce, che avrei voluto dipingere per tutta la vita. Ho sempre perseverato in questa idea di spendere la maggior parte del mio tempo disegnando e dipingendo fino agli anni del liceo. Ho poi capito di voler fare l’artista successivamente, quando ho provato a fare altro per paura che l’arte non fosse un mestiere.

Durante gli studi in Accademia a Roma, a 21-22 anni, nonostante già vivessi lavorando come illustratore ho temuto che non sarebbe durata a lungo ed ho quindi iniziato a studiare architettura e provato a fare altri lavori, in particolare il designer per Adidas a Norimberga. Nonostante fosse un lavoro da sogno ero estremamente infelice non potendomi dedicare a tempo pieno alla mia ricerca. Ciò mi ha messo di fronte al fatto che per me fare arte in quel momento era una necessità vitale. Mi sono quindi licenziato ed ho affittato il mio primo studio.

Ricordi il tuo primo disegno?


Quello di cui ho memoria, non il primo, è forse un Pulcinella disegnato all’asilo. Avevo un’enciclopedia illustrata in casa e ricopiavo ossessivamente le maschere tradizionali italiane. Dopo un po’ li sapevo fare a memoria e questa cosa impressionò le mie maestre.

Sei sempre in giro per il mondo. Quanto è importante viaggiare per la tua creatività?

Sicuramente i viaggi hanno arricchito il mio vocabolario su tutti i fronti, non solo lessicale.
La cosa più bizzarra è capitata in Thailandia: mi avevano invitato per dipingere un grande murales per poi scoprire appena sbarcato da solo a Bangkok, attraverso una telefonata passatami dall’autista del taxi, che il progetto era stato cancellato. Visto che era tutto prenotato potevo starmene due settimane in giro per il Paese. Non ho mai incontrato nessuno dell’organizzazione, solo parlato al telefono con i curatori del progetto che però erano in Russia. Una delle vacanze più inaspettate e surreali della mia vita.

Dove vivi attualmente?

Sono stato qualche anno in Germania. A Berlino ci sono finito per amore, dopo varie tappe, tra cui appunto Roma e Norimberga. Ho seguito la mia compagna ed ho trovato una città che, dopo un primo momento difficile di adattamento, ha avuto un enorme impatto su di me. Da qualche mese, sempre inseguendo la mia compagna, mi sono ritrasferito nuovamente in Italia, a Bologna. Ma si può dire che sono sempre in giro.

Le tue radici le ritroviamo in qualche modo nelle tue opere?

Più che la Puglia, che è un luogo ampio e molto diversificato, c’è la mia storia familiare e l’infanzia foggiana. I ricordi delle avventure nelle buche lasciate dai tombaroli nelle campagne di Arpi, in cui si trovavano ancora frammenti di vasi antichi, le belle giornate a tavola, i pomeriggi passati ad ascoltare musica con mio padre, la voglia di salire su un qualsiasi mezzo di trasporto e partire alla prima occasione. Direi anche un’idea di un tempo metafisico, quasi fermo, che c’è nei miei lavori, unita alla voglia continua di cercare altrove, esplorare nuovi mondi, che contraddistingue la mia pratica.

Murales, istallazioni, sculture, dipinti, illustrazioni e scenografie teatrali. C’è qualcosa che vorresti fare e ancora non hai fatto?

Mi piacerebbe realizzare progetti sempre più ambiziosi, delle grandi mostre in cui tutti questi aspetti del mio lavoro convivano. Ci sto lavorando.

Hai sperimentato diversi linguaggi. Qual è per te il più spontaneo?

Direi il linguaggio verbale: vorrei riuscire a padroneggiare i linguaggi delle arti visive con la stessa spontaneità.

I tuoi punti di riferimento?

Ho tanti punti di riferimento e fonti di ispirazioni, ma non fissi, cambiano continuamente.
Ultimamente sono rimasto molto colpito dai grandi quadri di Enzo Cucchi degli anni ‘80 che ho visto alla collezione Maramotti a Reggio Emilia e da una bellissima mostra di Tal R e Mamma Andersoon al Kunsten Museum di Aalborg.

Come nasce una tua opera?

È un processo caotico. Faccio ricerche, leggo, disegno, guardo video ricette e interviste ad artisti su Youtube, faccio delle visualizzazioni in digitale ma la maggior parte del lavoro è analogico, con pittura e pennello. Ultimamente utilizzo molto per dipingere un’emulsione vinilica che ha un effetto molto opaco, quasi vellutato, mi ricorda gli affreschi.

I tuoi lavori sono spesso in formato maxi. Preferisci dipingere su grande scala?

Lavoro anche in piccolo, ma diciamo che mi esprimo con più spontaneità sulle grandi superfici, perché la paura della fatica infinita mi fa trovare soluzioni semplici. Paradossalmente, ci metto più tempo a fare un piccolo disegno che un dipinto monumentale.

Qual è il tratto distintivo di Agostino Iacurci? C’è qualcosa di ricorrente in ogni tua opera?

Direi delle forme decise e il colore nero a fare da contrappunto ad una serie di altri colori abbinati a sentimento.

Diversi murales sono spesso ispirati alla natura. L’arte può essere uno strumento per sensibilizzare sulle questioni ambientali?

Mi appassiona molto il mondo vegetale, quindi entra spesso nei miei lavori. Sicuramente l’arte può sensibilizzare le persone, ma io non punto a farlo. Mi limito a presentare delle mie visioni personali, nella speranza che risuonino in qualche modo negli altri.

Che rapporto ha Agostino Iacurci con i social?

Internet è stato uno strumento formidabile per me, già da prima dei social. Il mio lavoro è stato apprezzato quasi prima all’estero che in Italia e ciò è stato possibile grazie alla rete. Instagram lo uso per presentare il mio lavoro ma soprattutto, e temo di non essere l’unico, per perdere tempo.

Si parla tanto di Intelligenza Artificiale. Cosa pensi dell’Intelligenza Artificiale applicata all’arte?

Non mi sono ancora fatto un’idea. Dovrei chiedere a chatGPT.

Conclusione: Agostino Iacurci, il coloramondo. Disegno, pittura, scultura, murales. L’artista pugliese presenta una grande installazione per il Fuorisalone e si racconta: dall’infanzia passata a Foggia ai viaggi che ispirano il suo processo creativo

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Editor: Ludovico Biancardi

 

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