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Letta dice no al M5S e prepara il “campo largo”

Il leader del PD ha ribadito di non volersi alleare con il m5s e prepara il terreno per un campo larghissimo dalla sinistra agli elettori scontenti di Forza Italia

La formazione politica che ha in mente Enrico Letta ricorda un po’ il Real Madrid dei “galacticos”, una squadra piena di personalità ma che poi non vinse la Champions League. Il campo largo anzi larghissimo proposto da Letta parte dal duo Fratoianni-Bonelli per passare da Calenda-Bonino, forse Renzi ma al momento ha detto che corre da solo e Di Maio per arrivare agli elettori scontenti di Forza Italia. L’unico no categorico di Letta è al M5S, reo di aver aperto la crisi che ha fatto cadere Draghi.

Il piano di Letta

Nel centrosinistra si parla da giorni del modo per impedire alla destra di vincere le elezioni e di impedire alla Meloni di diventare premier. Calenda, già alleato della Bonino, ha parlato un “polo repubblicano europeista” per continuare l’agenda impostata da Draghi con la speranza di convincere l’ex presidente della BCE ad accettare la proposta di guidare questa coalizione.

Ma ha posto dei veti a Fratoianni perché non ha votato la fiducia con il suo partito, Sinistra Italiana. Anche sulla questione dei termovalorizzatori e sui rigassificatori non sono d’accordo. Poi c’è l’affaire Renzi che vuole correre da solo ma deve stare attento allo sbarramento al 3%.

A livello elettorale conta relativamente poco ma a livello politico e parlamentare conta ancora tanto. Nell’alleanza rientrerebbe anche Luigi Di Maio che, dopo l’uscita dal M5S, si è ritagliato uno spazio istituzionale e potrebbe attrarre i delusi grillini e recentemente ha anche ricevuto il sostegno di Beppe Sala.

Ecco perché Letta ha deciso di ergersi a mediatore per cercare di mettere assieme personalità estremamente diverse, con idee diverse e con una visione del mondo diversa.

E guarda anche a destra perché vede la possibilità di intercettare gli elettori che hanno votato per FI e Lega ma che hanno risposto negativamente alla crisi di governo aperta in un momento di così difficile per l’Italia. FI ha già perso esponenti importanti come Gelmini, Brunetta che guarda all’ex FI Toti e Carfagna e potrebbe perdere anche elettori.

“Si potrà vincere la partita solo se sapremo convincere quelli che, anche alle ultime amministrative, non hanno votato per noi”, dice il segretario del PD. In ballo ci sono i collegi uninominali che, al momento, sono in mano alla destra.

Letta e il no al M5S

Conte ha già detto che il M5S correrà da solo perché non sono interessati a un progetto così ampio. Al contempo, gli esponenti di punta di quel progetto gli hanno posto dei veti. Da Letta a Calenda tutti hanno detto no all’uomo e al partito che ha aperto la crisi senza veramente assumersene la responsabilità.

I sondaggi dicono che il M5S vale poco meno del 10% che è una percentuale non trascurabile. Certamente è molto inferiore alle percentuali che lo hanno portato ad essere il primo partito nel 2018 ma non è trascurabile visto che la destra si aggira intorno al 45%. Ecco perché la linea dura e intransigente può funzionare all’inizio della campagna elettorale per poi vacillare quando saranno seduti in parlamento.

 

 

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Editor: Lorenzo Bossola

 

 

 

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