Mostra di Venezia
Spettacolo,  Cinema

Mostra di Venezia: i grandi perdenti nella storia del festival

Apre i battenti la 73a Mostra di Venezia. Una storia lunga e complessa, quella della kermesse cinematografica italiana, contraddistinta da una ‘zona buia’: tante le esclusioni eccellenti e i film ignorati o sottovalutati

Mostra di Venezia

Inizia nel 1932 la storia della Mostra di Venezia, il Festival cinematografico più longevo del mondo. Quasi 80 anni di concorsi, selezioni, scandali e capolavori del cinema, eppure, un ritratto obiettivo di ciò che la kermesse è stata e ha rappresentato non può prescindere da un’analisi del suo lato ‘oscuro’: sono state tante le perle nascoste e posteriormente rivalutate e i registi ignorati e sottovalutati dalle giurie che anno dopo anno si sono succedute.

Partiamo da un dato ovvio: dai primi anni Trenta fino alla termine della seconda guerra mondiale la formula della mostra ha risentito fortemente delle censure del regime fascista, a conquistare la ‘Coppa Mussolini’ come miglior film, in quegli anni, sono stati prevalentemente film di smaccata propaganda: dalle straordinarie pellicole di Leni Riefenstahl a opere artisticamente meno ‘felici’, come quelle di Goffredo Alessandrini.

Erano anni in cui  maestri come Carné e Renoir, pur accettati in concorso, non venivano premiati né tenuti in degna considerazione dalla giurie.

Dagli anni ’50 la Mostra di Venezia, dopo gli anni di interruzione, inizia a cambiare volto: aumentano le tipologie di premiazione ed entrano in lizza i grandi maestri del cinema del dopoguerra. Nell’edizione del 1954, il Leone d’oro viene attribuito a Giulietta e Romeo di Renato Castellani: inspiegabilmente trascurati Alfred Hitchcock e il suo ‘La finestra sul cortile e sopratutto Luchino Visconti e il suo quarto lungometraggio: ‘Senso‘.

 Ignorato al festival ma tartassato di tagli ben prima di approdare al concorso per una censura politica e moralista, che danneggerà nuovamente Visconti anche nelle edizioni successive e in tutta la sua carriera.

Nel ’59 a vincere il premio più ambito sono ex aequo ‘La grande guerra’ e l’ormai quasi dimenticato ‘Il generale della Rovere’ e a giudicare dai titoli premiati s’evince che non c’era l’atmosfera giusta per le commedie di Billy Wilder e ‘A qualcuno piace caldo, mentre nel 1960 Visconti sarà nuovamente messo da parte con ‘Rocco e suoi fratelli, ricevendo soltanto il ‘Premio Speciale della Giuria’, che l’artista e il produttore decideranno di rifiutare. Due anni dopo non ricevono nessuna menzione Lolita’ di Kubrick, ‘Mamma Roma’ di Pasolini e il film d’esordio di Polanski, in un’edizione però molto competitiva, che presentò e premiò altri capolavori.

Dagli anni Settanta, in cui sono assenti premi e competizioni a seguito delle proteste di fine anni ’60, si passa agli eightiesnel 1982 si accende la polemica a proposito del film di Rainer Werner Fassbinder ‘Querelle de Brest’, l’ultimo lungometraggio del regista tedesco, difeso in giuria dal solo presidente Marcel Carné, che rilascerà una dichiarazione accalorata a favore del film e del suo autore :

Come Presidente della Giuria vorrei esprimere il mio disappunto per non essere riuscito a convincere i miei colleghi a premiare il film Fassbinder. Sono stato il solo a difenderlo. Tuttavia continuo a credere che l’ultima opera di Fassbinder, per quanto controverso, troverà un giorno il suo posto nella storia del cinema“.

Se la condanna moralistica di stampo moralistico ha sicuramente nuociuto al regista tedesco, qualcosa di simile è accaduto a David Lynch nel 1986, quando ha visto escludere dalla kermesse veneziana il suo ultimo film ‘Velluto Blu’ dal direttore di allora, Gian Luigi Rondi:

dopo solo 20 minuti di anteprima, alla prima immagine di Isabella Rossellini nuda ed emaciata – il noto critico ha interrotto la visione, estromettendo il film dalla Mostra di Venezia. Vedere la figlia della musa del cinema Ingrid Bergman così ridotta ha evidentemente shockato Rondi, condannando quello che ancora oggi è considerato come uno dei migliori film del visionario regista americano alla girone dei “dannati” del cinema.

Gli anni Novanta si aprono con una nuova polemica attorno all’assegnazione del Leone d’Oro, consegnato al non eccelso Tom Stoppard con ‘Rosencrantz e Guildenstern sono morti’ a discapito dei più quotati film di Jane Campion e Martin Scorsese: la rivolta del pubblico, dei giornalisti e dei critici riguardo a questa dubbia decisione riporta immediatamente alla mente le querelle legate ai premi negati a Luchino Visconti negli anni Cinquanta.

Qualcosa di simile accadrà anche nell’edizione del 1991 – con Urga di Nikita Michalkov, film oggi caduto nell’oblio – preferito all’ormai classico del cinema Lanterne rosse‘ del regista cinese Zhang Yimou.

Negli anni successivi, anche grazie alla moltiplicazione dei premi minori assegnati e ad una più sensibile ricerca e inserimento in concorso di talenti stranieri in gara, sono pochi i polveroni polemici legati al festival.

Non si può non notare però la scarsa considerazione con cui i giurati della manifestazione hanno generalmente degnato i film di animazione: si pensi ai capolavori di regista Hayao Miyazaki, perennemente ignorato (nonostante il ‘contentino’ del premio alla carriera assegnatogli nel 2005), e nel 2003, la bagarre orchestrata da Bellocchio, che ha visto trascurato il film sul sequestro di Aldo Moro ‘Buongiorno notte a favore del politicamente innocuo ‘Il ritorno’ del regista russo Andrej Zvjagintsev, nel 2008 la giuria di Venezia ignora completamente The Hurt Locker’ di Kathryn Bigelow, che trionferà la notte dell’Oscar l’anno successivo, mentre nel 2010 il premio assegnato al laccato e insapore ‘Somewhere‘ ha fatto storcere il naso a molti.

Per il prossimo futuro, aspettiamo e prospettiamo che due giovani registi di talento come Steve McQueen e Xavier Dolan abbiano presto l’occasione di portare a casa il premio più ambito e vedere consacrato anche alla Mostra di Venezia il loro talento e auguriamoci che gli scandali non manchino, ma che i grandi film non vengano mai dimenticati.

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