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Moda: Parigi è la mente, Milano è la creatività

Cala il sipario sulla moda: una riflessione su Parigi e Milano

 

Prima che la situazione precipitasse il 24 febbraio, il mondo già respirava la tensione tra Russia e Occidente mentre la moda si preparava per vivere quello che, a detta di tutti, sarebbe stato il vero Fashion Month della rinascita. Quello che ci avrebbe catapultato nella frenesia, nella spensieratezza e nel glamour delle passate Fashion Week.

Succede però che nel bel mezzo della settimana della moda Milanese, Putin decide di far ripiombare il mondo nel terrore della guerra. E allora che si fa? Si blocca tutto?

La creazione si basa su principi di libertà, in ogni circostanza. E la moda ha sempre contribuito all’emancipazione e all’espressione individuale e collettiva nelle nostre società.

Con queste parole Ralph Toledano, presidente della Fédération de la Haute Couture et de la Mode, invitava il mondo a vivere la Paris Fashion Week in solennità e riflessione. Oltre l’importanza economica del settore, la moda romanticamente offre la possibilità di sognare. Forme, colori, emozioni e sensazioni. Bellezza. Strumenti di evasione dalla brutalità della realtà.

Moda Parigi Milano

Collezioni frutto di mesi e mesi di lavoro, assumono un significato che probabilmente quindici giorni fa nessuno avrebbe scovato. Emblematica in tal senso la sfilata di Balenciaga, creata da chi la guerra l’ha vissuta sulla sua pelle. Aveva solo dodici anni Demna, quando costretto a lasciare la sua terra, la Georgia, costruiva la sua identità da rifugiato. Chi è un rifugiato lo sarà per sempre, afferma commosso nel backstage dello show. Una tempesta di neve costringe le modelle a sfidare le intemperie. E il parallelismo con il presente è inevitabile. La collezione comprende una serie di abiti facilmente impachettabili, perfetti per chi deve portarli dietro senza avere tanto spazio, magari infilati in un sacco nero della spazzatura. E anche qui il parallelismo è inevitabile.

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Balenciaga 1

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Le iniziative contro la guerra non hanno però coinvolto solo l’aspetto creativo. La maggior parte dei marchi ha, infatti, deciso di chiudere gli store in Russia e bloccare l’export verso il Paese. Decisioni che non influiscono più di tanto sull’aspetto economico, tenendo conto del fatto che la Russia rappresenta solo dal 2 al 3% del mercato globale della moda, e che quindi sono più un gesto simbolico, una presa di posizione.

L’eterno Dibattito della moda: Parigi e Milano

Cinque giorni a Milano, otto a Parigi. È innegabile che sono queste le settimane della moda più interessanti all’interno del fashion Month. Milano è stata frenetica, tanti nomi e pochi giorni a disposizione, con un concentrato di moda che non si vedeva da tempo. Parigi è ricca di nomi altisonanti, diluiti in una fashion week decisamente più lunga.

Milano è stata fucina per i creativi del futuro. Brand più o meno emergenti che, mettendo da parte le tendenze, si concentrano nel creare una community legata da una comunione di valori comuni. E poi ovviamente i big, che hanno messo al centro una riflessione sul corpo, raccontando una moda fatta di sexniess. Latex, corsetti e mini sfrontate.

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A Parigi sembra invece essere soffiato un vento della giovinezza. Un periodo di idealismo ispiratore, speranza per il futuro, per un mondo migliore. Così Ghesquière introduce il tema che ha ispirato la sua collezione Louis Vuitton, l’adolescenza. Anche alla giovinezza spensierata e sfrontata guarda Miuccia Prada con la sua Miu Miu.

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La voglia di spensieratezza accomuna quindi le collezioni di questo Fashion Month, che tuttavia ha anche un altro punto di raccordo: il nero. Outfit total black sfilano sulle passerelle di Milano e di Parigi. Leggerezza e nero, un contrasto che descrive appieno il presente, come solo la moda sa fare.

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I numeri

Se per quanto riguarda la creatività la battaglia è sempre aperta, in fatto di business la Francia è nettamente in vantaggio. Per conformazione e storia del sistema moda, la Francia è riuscita a creare grandi conglomerati del lusso che in campo economico non hanno rivali. Lvmh nel 2021 ha raggiunto un fatturato di 64,2 miliardi di euro, trainato da Louis Vuitton e Dior, mentre Kering, grazie alla sua punta di diamante Gucci, ha raggiunto nello stesso anno i 17,6 miliardi di fatturato.

In Italia i numeri scendono. Si parla di 1,53 miliardi per Otb e di 3,36 miliardi per il Gruppo Prada. I numeri sono differenti, ma è anche differente la struttura del sistema moda dei due Paesi. L’Italia è infatti la culla della creatività indipendente, costellata di piccole aziende che sono il fiore all’occhiello del made in Italy. Aziende che sorrette da una forza creativa, necessitano di un supporto economico per superare la crisi indotta dalla pandemia, e continuare ad essere l’ossatura del nostro made in Italy.

Di Michela Frau 

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