Gen Z e dupes
Fashion,  Moda

Gen Z e dupes: un binomio destinato a durare?

Alcuni sondaggi svolti negli ultimi mesi, che hanno coinvolto ragazzi di età compresa fra 15 e 24 anni, hanno evidenziato che oltre la metà di questi ha acquistato dupes, capi di abbigliamento o accessori non originali e che almeno un terzo l’ha fatto consapevolmente.

Per la cosiddetta Generazione Z la moda costituisce una delle categorie di intrattenimento preferite cui destinare le proprie spese. Tuttavia il pragmatismo e la sensibilità economica che la caratterizzano – soprattutto dopo la pandemia – e spesso una disponibilità di denaro non troppo elevata fanno sì che gli acquisti siano diretti verso contraffazioni o dupes.

Cosa sono i dupes

Contrazione dell’inglese duplicates, i dupes sono alternative economiche ai prodotti di lusso: infatti ricordano analoghi prodotti da grandi case di moda, ma, provenendo dalle filiere del fast fashion, possono essere trovati anche a poche decine di euro su Amazon, come dimostrano diversi video postati sui social network dagli acquirenti.

Anche se la differenza è sottile, i dupes sono qualcosa di diverso dalla contraffazione: in questo momento, in cui l’interesse ai marchi di lusso si sta esprimendo con un’attenzione agli stilemi dello stilista in capo piuttosto che con la cosiddetta logomania, l’imitazione deve farsi più raffinata: non basta più copiare il logo desiderato per convincere della verosimiglianza del falso, ma se ne devono ricordare forme e modelli. Allo stesso tempo, proprio per via dell’assenza di loghi o marchi registrati, i dupes non sono – a livello legale – delle contraffazioni.

Ci sono prodotti di lusso cui si attribuisce un valore elevato: si tratta di quelle icone che riescono a superare indenni la prova del tempo, di accessori come la Birkin di Hermès o la Baguette di Fendi. In questi casi i consumatori le acquistano direttamente dai rivenditori o sul mercato vintage. Tuttavia ci sono, anche nel settore del lusso, mode stagionali e passeggere che sfociano in prodotti comunque molto costosi, ma a cui il pubblico non attribuisce grande valore: è in questi casi che il mercato dei dupes viene alimentato.

Perciò, senza prendere in considerazione elementi quali la qualità del prodotto o la sua longevità, si procede all’acquisto di capi e accessori la cui unica funzione è quella di completare un outfit o comparire in una foto sui social e il cui ciclo di vita non supera la durata di una tendenza stagionale, alimentando il mercato del fast fashion e vanificando i progetti di sostenibilità che stanno interessando il mondo della moda.

Perché si acquistano i dupes

C’è chi fa notare che fino a qualche decennio fa l’orizzonte di paragone fra la propria vita e quella altrui si limitava al vicinato; oggi, al contrario, le moderne tecnologie hanno permesso di ridurre la distanza virtuale fra le vite “normali” della maggior parte delle persone e quelle eccezionali dei personaggi del jet set internazionale, generando l’illusione che si potesse colmare tale distanza anche materialmente.

Di questo stato delle cose sono responsabili anche le case di moda, che hanno sviluppato politiche di marketing sempre più orientate al pubblico di massa, senza comunicare abbastanza l’importanza del lavoro artigianale e della ricerca di qualità che sottostà ai propri prodotti, e hanno mantenuto prezzi accessibili solamente all’élite.

Di conseguenza la cultura del marchio si è sostituita a quella della qualità e, vedendo un ostacolo nei prezzi elevati, ha trovato una valvola di sfogo nel mercato del fast fashion, che annulla l’esperienza di qualità o l’esperienza d’acquisto che offrono i negozi fisici tradizionali, ma permette di provare l’ebbrezza del logo senza doverne sostenere il costo.

Il fast fashion, inoltre, contribuisce a corroborare la cultura del poco valore, concentrandosi sull’aspetto – molto più attraente – del basso prezzo, e a far sì che si dia importanza solo alla riconoscibilità del prodotto. La conseguenza ultima è che molti dei ragazzi intervistati hanno sostenuto di acquistare consapevolmente dei falsi perché – a detta loro – «non c’è differenza con gli originali».

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Editor: Leonardo Santarelli

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