Riforma fiscale cosa cambia
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Riforma fiscale cosa cambia 2023

Riforma fiscale cosa cambia

La proposta

Cosa cambia con la riforma fiscale presentata in Consiglio dei Ministri giovedì 16 u.s. si stanno domandando aziende e consumatori. Innanzitutto, bisogna sottolineare che la legge delega ha come presupposto l’invarianza degli oneri fiscali che gravano sulla spesa pubblica per cui non verrà mai attuata se non si arriva a una copertura finanziaria. L’obiettivo prefissato è quello di introdurre il regime di Flat Tax per tutti i contribuenti nell’arco di 5 anni. Primo passo per approssimarsi al traguardo sarà la riforma dell’IRPEF (dal 2024). Attualmente l’imposta si articola su 4 scaglioni: 0-15.000€ al 23%; 15.000–28.000€ al 25%; 28.000–50.000€ al 35%; 50.000€ e oltre al 43%.

Uno di questi scaglioni verrà eliminato, verosimilmente accorpandolo al precedente o successivo. Si confrontano due scenari, suddivisi a loro volta in diverse possibilità attuative, allestiti rispettivamente dalla Fondazione Nazionale Commercialisti e dalla Ragioneria di Stato. Naturalmente, il primo è da leggere come un contributo dei professionisti ai tecnici del dipartimento ministeriale.

Il consiglio nazionale dei dottori commercialisti ipotizza:

  1. portare dal 25% al 28% l’imposta Irpef per i redditi sopra il primo scaglione e contestualmente ridurla dal 35 al 28% per i redditi fino a 50.000€. Dunque un aumento di 3 punti percentuali che si traduce in un esborso extra fino a 150€ per chi lo subisce. Vedono invece un risparmio di 100€ i redditi attualmente inseriti nel terzo scaglione. Ben 1150€ di risparmio per i redditi da 50k.
  2. portare l’aliquota base al 23% per tutti i redditi fino a 28.000€ e abbassare al 33% quella fino ai 50.000€. In questo caso guadagnerebbero di più tutti i contribuenti, variando da 100€ per un reddito di 20.000€ a 700€ per chi tocca quota 50.000€.
  3. infine, portare l’aliquota base al 23% per tutti i redditi fino a 28.000€ mantenendo invariati gli altri due scaglioni. Si consentirebbe un risparmio di 100€ alle fasce deboli e circa 260€ per tutti gli altri contribuenti.

Riforma fiscale cosa cambia

L’indirizzo scelto dal governo propende per uno scenario così articolato dalla Ragioneria di Stato, che mette sul piatto due opzioni di cui una evidentemente presa a prestito dalle proposte trasmesse dal ODCEC nazionale e l’altra mutuata proprio tale e quale:

  1. portare dal 25% al 27% l’imposta Irpef per i redditi sopra il primo scaglione e contestualmente ridurla dal 35 al 27%per i redditi fino a 50.000€ (vedi punto 1 sopra).
  2. portare l’aliquota base al 23% per tutti i redditi fino a 28.000€ e abbassare al 33% quella fino ai 50.000€ (vedi punto 2 sopra).

Per assicurarsi la necessaria copertura finanziaria il governo conta di risparmiare sul versante delle detrazioni, che stando alle informazioni di palazzo assolano a 165 mld distribuiti per 600 voci. Chiaramente finanziarsi a spese di chi gode delle detrazioni significa farlo sulle spalle di chi già fatica guadagnando poco e dunque deve fare ricorso a suddette detrazioni.

Tutto ciò, come si diceva, dev’essere prodromico all’introduzione della tassa piatta. A ciò si accompagna anche una riorganizzazione dell’IVA, che dovrebbe azzerarsi sui prodotti di primissima necessità, come pane, latte, acqua ecc. Questo, dunque, lato cittadini. Cui si aggiunge un lavoro sull’aspetto “umano” del sistema di prelievo fiscale: meno aggressività nelle sanzioni per gli errori in bona fides e passi incontro verso chi evade per necessità. Obiettivo, raggiungere quella proporzionalità della pena tante volte contestata all’erario.

Riforma fiscale cosa cambia Lato imprese la riforma promette meglio

Lato imprese la riforma promette meglio, ed infatti incassa il beneplacito provvisorio di Bonomi (Confindustria): previste l’abolizione dell’IRAP e la riforma dell’IRES. Su questi due punti l’incertezza adombra ancora alcuni aspetti. L’Irap, tra le altre cose, è gestita dallo Stato ma riscossa dalle regioni, dunque si renderà probabilmente necessario concertare la trasformazione con le singole realtà territoriali. Per quanto riguarda l’Ires essa dovrebbe sdoppiarsi, abbassandosi–ma non si sa ancora di quanto–rispetto all’abituale 24% per le imprese che investono in assunzioni e progetti. Anche qui però le specifiche non sono ancora disponibili.

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