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Barbie compie 65 anni. Storia di un’effige cambiapelle

Siamo nel 1959, sugli scaffali dei negozi appare una bambola mora, senza la caratteristica ponytail, indossava un costume intero a righe bianche e nere. Barbie, anzi Barbara Millicent Roberts, questo il suo nome completo, era molto diversa da quella che conosciamo e siamo abituati a vedere oggi.

Una collezione di Barbie storiche

L’idea venne a Ruth Handler, moglie di uno dei co-fondatori dell’azienda di giocattoli Mattel, che osservava l’insoddisfazione della figlia Barbara nel giocare con bambolotti che avevano tutte fattezze infantili. Trovò poi l’ispirazione che le mancava durante un viaggio in Germania, quando vide una bambola molto simile, la Bild Lilli. L’intuizione fu quella di proporre giocattoli con l’aspetto più adulto, ma che potessero comunque stimolare la fantasia delle bambine.

Nonostante le prime ritrosie degli amministratori di Mattel, il lancio al costo iniziale di soli tre dollari avvenne il 9 marzo 1959 all’American International Toy Fair di New York. Fu un successo immediato e assoluto.  Costruita in Giappone, nel primo anno ne furono venduti 350 000 esemplari. L’8 marzo 1974 venne prodotta per la prima volta a San Francisco una Barbie snodabile.

Storia di Barbie, la bambola diventata un simbolo da 65 anni

Fin dal primo momento Barbie ha riportato la realtà nel mondo ludico dei sogni infantili, insistendo dall’inizio sull’ideale di poter svolgere qualsiasi professione: con un curriculum che vanta oltre 200 carriere, dalla veterinaria alla ballerina, dalla hostess alla chef, passando per cassiera, insegnante, ambasciatrice dell’Onu e performer circense, ha permesso alle ragazze di immaginarsi in qualsiasi ruolo, anche quelli che mai avevano considerato prima.

In qualità di Barbie Astronauta è perfino andata sulla Luna quattro anni prima di Armstrong, nel 1965, e ha corso per ben sei volte alla carica di Presidente degli Stati Uniti.

Nel 1961 è arrivato il suo fidanzato storico Ken, poi sono comparse anche la migliore amica Midge e la sorellina Skipper. Si moltiplicano anche gli accessori, sempre ambitissimi, che raccontano uno stile di vita di successo: è del 1962 la sua Dream House, di cui si vende ancora oggi un esemplare al minuto, mentre nel 1977 viene introdotta la Star-vette, la sua auto tutta rosa. E a proposito di rosa, è proprio il Pantone PMS 219 a diventarne la tonalità ufficiale, contribuendo a dipingere anche le camerette (e i sogni) delle bimbe di tutto il mondo.

Barbie vestite dai designer più importanti

Proprio a partire dagli anni Settanta s’impone il modello di Barbie Malibu, la bambola bionda californiana immortalata per anni nella pop culture. Questa Valley Girl vive una vita di lusso, e forse anche di una qualche superficialità.

Il suo appeal mainstream si traduce in una calamita anche per la moda e per l’arte: artisti come Andy Warhol e Peter Max la immortalano nelle loro opere, nel 1967 arriva la prima bambola ispirata alla supermodel Twiggy, mentre dagli anni Ottanta Barbie è stata protagonista assoluta del mondo fashion: disegnano abiti per lei stilisti come Oscar de la Renta, Bob Mackie, Karl Lagerfeld, Comme Des Garçons e Moschino.

Ma nel tempo vennero Barbie di ogni tipo, dai capelli lunghissimi, a forma di sirena, in formato gigante, parlante, profumato, con accessori di ogni tipo e foggia.

Tra stereotipi e realtà

Barbie in carne e ossaÈ proprio questo boom in popolarità ad attirare anche le prime critiche: il movimento femminista, soprattutto, vede in Barbie un modello fisico irrealizzabile di magrezza e formosità lontane dai canoni realistici, nonché poco sano da inseguire.

In più nei primi decenni la mancanza di diversità nei modelli proposti fa sì che anche questa bambola sia l’ennesimo veicolo di una società bianca e privilegiata: dalla fine degli anni Sessanta furono sì introdotte alcune bambole nere, ma solo come amiche secondarie, mentre si dovette attendere gli anni Ottanta per un’incarnazione ufficiale di Barbie afrodiscendente.

Gli stereotipi continuarono: nel luglio 1992 il modello parlante **Teen Talk Barbie** diceva frasi come “Avrò mai abbastanza vestiti?”, “Mi piace lo shopping” e “Le lezioni di matematica sono difficili”. Le critiche sugli stereotipi vacui, superficiali e penalizzanti per le ragazze tutte abiti e poca praticità si sprecano, tanto che Mattel fu costretta a ritirare e riformulare le frasi pronunciate.

Molto è stato fatto, c’è da dire, dall’epoca. A partire dagli anni Ottanta vengono introdotte bambole di oltre 40 origini diverse. In generale cambia la fisicità della bambola per renderla meno stereotipica e più realistica. Il progetto Barbie Fashionista parte nel 2009 e man mano introduce 23 nuovi modelli con 7 tonalità di carnagione, 30 tinte di capelli, 24 acconciature, 14 forme del viso e 22 colori degli occhi differenti.

Anni 2000, una barbie più inclusiva

Soprattutto vengono introdotte tre nuove silhouette, in modo che ogni bimba trovi la Barbie che più la rispecchi. Nel corso degli anni si abbracciano anche le varie disabilità, e quindi ecco Barbie con sindrome di Down, con vitiligine, con alopecia e così via. Perché trovare immagini simili a noi è fondamentale fin dall’età del gioco.

In occasione del 60esimo anniversario celebrato nel 2019, poi, Mattel rilancia anche il progetto Dream Gap: partendo appunto da quelle famose lezioni di matematica, da diverse ricerche emerge che le bambine smettono persino di sognare di poter intraprendere carriere scolastiche o professioni scientifiche o legate alle cosiddette STEM.

Operano questa rinuncia, indotta da condizionamenti sociali e contesti culturali, proprio nell’età fondamentale tra i 5 e i 10 anni. Ecco che Barbie interviene coi suoi role model: figure storiche come la pilota Amelia Earhart, la pittrice Frida Kahlo, ma anche “Sheroes” contemporanee come Iris Afpel, la regista Ava Du Vernay, l’astronauta Samantha Cristoforetti, la campionessa Bebe Vio, la calciatrice Sara Gama che diventano modello per altrettante bambole volte a ispirare le ragazzine a non mettere nessun limite alla loro fantasia e alla loro ambizione.

Samantha Cristoferetti e la sua Barbie

Uno dei marchi più riconoscibili al mondo e uno dei giocattoli più venduti a livello globale, Barbie porta sicuramente con sé una stratificazione di significati non indifferenti: se da una parte è vero che ha rappresentato per anni, e ancora in qualche modo lo fa, la femminilizzazione estrema di un immaginario tutto abiti, accessori e sogni hot pink, dall’altra ha cercato nel corso dei decenni di dare corpo all’immaginario più composito e diversificato delle bambine e delle ragazze di tutto il mondo.

Giocando con le Barbie, molte bambine hanno potuto stimolare la propria fantasia, la propria creatività e in qualche modo anche i propri desideri. Proprio come nel film di Greta Gerwig esiste una Barbieland tutta plasticosa e dai colori saturati ma c’è un mondo reale in cui una Barbie vera, in carne e ossa, cerca di trovare il proprio posto. Come fa da 65 anni a questa parte.

Conclusione: Siamo nel 1959, la prima Barbie era molto diversa, era mora, con la caratteristica ponytail, e un costume intero a righe bianche e nere.

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Editor: Ludovico Biancardi

 

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