Non è l’Arena caos a La7.
Non è l’arena caos a La7.
Giletti Cairo Berlusconi Delfino e altri ancora. Tutti dentro
Dietro la sospensione di Non è l’arena, il seguito programma di Massimo Giletti su La7, si nasconde un puzzle di tessere–sconvenienti e, per ora, mancanti–che difficilmente si potrà ricostruire con accuratezza.
In edicola e online si può trovare l’intervista di Giuseppe Salvaggiulo a Enrico Deaglio, per La Stampa, nella quale il giornalista e scrittore esperto di mafia, e in particolare delle vicende che ruotano attorno ai fratelli Graviano, dice la propria rispetto a questa delicata vicenda. Non è certo l’unica opinione valida sulla questione, ad esempio commenta il caso anche Francesco Merlo dalle colonne de La Repubblica, e tuttavia le asserzioni di Deaglio sono più incisive e rivelatrici.
Per ora la sospensione si lega all’inchiesta della DIA (direzione distrettuale di Firenze) guidata dal pm Tescaroli, che indaga sui possibili coinvolgimenti di Berlusconi e Dell’Utri nelle stragi del 1993, e che poco prima dell’annuncio dell’editore di sorprendere la trasmissione aveva perquisito l’ormai celebre Baiardo. Smentite, invece, dal diretto interessato, le voci di perquisizioni a casa del conduttore, il quale tuttavia è stato ascoltato dal magistrato in due occasioni in veste di testimone non indagato.
Un potenziale reato si potrebbe configurare in caso fossero confermate le voci di un pagamento in nero al super testimone mediatico, anche se al momento non emergono riscontri in merito.
Il pagamento, dapprima quantificato in 30.000€, poi rettificato sempre secondo indiscrezioni, ad almeno 48.000€, non è stato ancora comprovato, ma pare che negli studi di produzione FreeMantle abbiano tenuto i giustificativi di spesa come controprova. A dirsi convinto che quest’ultimo risvolto sia del tutto improbabile anche il succitato Merlo, il quale dubita fortemente che un qualunque ospite possa essere stato pagato clandestinamente.
Ma torniamo alle considerazioni di Enrico Deaglio: in primis, lo scrittore dà per cosa scontata la trattativa tra lo Stato e i Graviano; in secondo luogo, ritiene Giletti un capro espiatorio sacrificato da un «impaurito» Urbano Cairo.
Il proprietario dell’emittente La7 è cresciuto sotto l’egida del Cavaliere ed ora è spaventato che la polvere sotto al tappeto sollevata dalla coppia Baiardo–Giletti possa irritare qualche naso arricciato: la famosa foto di Berlusconi con il generale Delfino («l’uomo più corrotto d’Italia») e il boss Graviano che per il momento non è stata mostrata al grande pubblico rappresenta una spada di Damocle che pende sul collo di tanti attori, compresi coloro che la detengono convinti di avere il coltello dalla parte del manico.
Il caso questo, dello stesso Baiardo, il quale ha annunciato di essere in procinto di approdare sulle reti Mediaset, dove a suo dire godrà di maggior libertà di espressione e «ne sentiremo delle belle». Per inciso, di questo non dubitiamo affatto, quanto invece riteniamo improbabile è di sentire anche solo un briciolo di verità su questa storia fintantoché gli attori principali sono in vita, ancorché in carcere o tra le mura di qualche reparto ospedaliero.
Una verità già inquinata, già inficiata da testimonianze e smentite, affermazioni sibilline e preconizzazioni auto avveranti, che ruota attorno a una foto il cui destino– semmai esistita– è quello di essere distrutta come unica prova della sua eventuale esistenza. Sempre in attesa, beninteso, di leggere il libro scritto dal faccendiere mafioso, che verrà presentato al Salone del Libro di Torino il 18 maggio p.v.
Dal canto suo Cairo risponde a Deaglio, affermando in una nota indirizzata al Direttore de La Stampa di non essere affatto “spaventato” e di aver sempre accordato massima libertà a Giletti nella conduzione del programma.
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