PNRR e moda
Fashion,  Moda

PNRR e moda: insieme per il futuro

Con i soldi del PNRR in arrivo in Italia, anche il comparto moda ha avuto la sua parte. L’ultima notizia in merito, in particolare, specifica che il Governo ha deciso di destinare 150 milioni al settore del riciclo tessile, permettendo un implemento della raccolta differenziata, un miglioramento della logistica e la realizzazione di nuovi impianti di riciclo.

Il settore, infatti, è considerato importante in termini di sostenibilità, tanto che gli sono già stati destinati dei fondi: gli stabilimenti di Prato e Biella, in virtù delle loro prestazioni all’avanguardia, hanno già ricevuto finanziamenti per 20 milioni.

Il PNRR e la moda

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza conta oltre 160 progetti destinati al tema, importante e attuale, dell’economia circolare.

In particolare – aveva sottolineato il Ministro Giorgetti – lo scopo dei fondi era quello di concentrare gli investimenti in settori nevralgici dell’industria e della tecnologia, favorendo la transizione energetica e digitale (tramite l’utilizzo di Intelligenza Artificiale, machine learning, cyber securityprivacy security e operazioni di digitalizzazione della logistica) in tutti i settori produttivi.

Il settore della moda rientra appieno negli obiettivi descritti, anche grazie alla sua recente accelerazione i favore di politiche di sostenibilità (inaugurate dai colossi Kering e Inditex) e digitalizzazione (si pensi al fenomeno dell’e-commerce, che, sebbene rimanga moderato per i clienti che comprano il cosiddetto hard luxury, cioè gioielli e orologi, ha subito una grande impennata durante gli anni della pandemia).

I 150 milioni appena destinati al riciclo tessile costituiscono un investimento importante in termini di sostenibilità: il PNRR, infatti, che prevede investimenti mirati per favorire il riciclo di molti materiali, punta ad ottenere un tasso di riciclo pari al 100 % nel caso degli scarti tessili.

Si tratta indubbiamente di un momento di crescita per il Made in Italy, che, come ricorda Carlo Capasa, presidente della CNMI, deve crescere – anche nei suoi impianti tessili – per mantenere il proprio primato nel mondo:

«Il settore che rappresentiamo è la seconda industria italiana, con un fatturato che nel 2019 ha sfiorato i 100 miliardi di euro e che nel 2020 è calato del 26% per le conseguenze della pandemia.

Il piano appena varato mostra una visione strategica a tutela di un asset di eccellenza del Made in Italy riconosciuto in tutto il mondo ed è un primo passo importante, ma la strada da recuperare è ancora lunga».

Laura D’Aprile, capo del dipartimento Sviluppo sostenibile presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, focalizza invece la sua attenzione sul tema della sostenibilità: «Ci vuole una rivoluzione comportamentale, un uso efficiente delle risorse così da avere meno impatto sull’ambiente e in questo senso bisogna portare avanti la lotta al fast fashion anche in campo sociale ed economico».

Le politiche europee per una moda sostenibile

Anche l’Europa, a fianco dell’Italia e dei colossi del lusso, si sta sensibilizzando al tema della sostenibilità della moda: in particolare, durante lo scorso mese di marzo, è stato presentato il piano triennale RegioGreenTex, che coinvolge 40 partner in 8 paesi europei e mira a fornire soluzioni a diverse aziende della filiera per valorizzare appieno il prodotto tessile, anche quando arrivi loro tramite scarti.

Inoltre, l’Europa si è recentemente pronunciata contro il greenwashing, presentando un disegno di legge che mira ad evitare etichette fuorvianti e a tutelare il consumatore finale.

In particolare, si vorrebbero sottoporre i prodotti del comparto moda a valutazioni scientifiche effettuate da enti terzi prima di poterli definire “naturali”, “climaticamente neutri” o “con contenuto riciclato”. La stima dell’UE, infatti, è che il 53,3 % delle etichette green sia vago o fuorviante e che il 40 % addirittura ingiustificato.

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Editor: Leonardo Santarelli

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